HOLDEN: “COLTIVO IL SOGNO DI SCRIVERE, PRODURRE E CANTARE LA MIA MUSICA”

Quattro chiacchiere con il cantautore romano Joseph Carta, in arte Holden, in uscita con il nuovo singolo intitolato “Flute”, impreziosito dal featuring con Gemello
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Quattro chiacchiere con il cantautore romano Joseph Carta, in arte Holden, in uscita con il nuovo singolo intitolato Flute, impreziosito dal featuring con Gemello

Come sono nati rispettivamente “Flute” e la collaborazione con Gemello?

«Il pezzo è nato parecchio tempo fa, ho ritrovato una vecchia bozza, un provino che si chiamava proprio “Flute”. Durante la quarantena ci ho rimesso le mani sopra, ad un certo punto mi sono reso conto che, dopo il secondo ritornello, mi sarebbe piaciuto trovare il modo per impreziosire il tutto. Ho pensato che Gemello potesse essere perfetto per una parte del genere. Lui ha partecipato subito con piacere e, secondo me, è riuscito a donare quella marcia in più che cercavo».

Un brano che suona ancora più rap e più urban rispetto alle tue precedenti produzioni. C’è stato un lavoro particolare per quanto concerne sia le sonorità che il linguaggio?

«Vorrei che “Flute” sia l’assaggio di quello che sarà il mio primo album, ovvero un disco di generi completamente diversi l’uno dall’altro. Questo è quello che mi piacerebbe riuscire a dimostrare, più sonorità e più linguaggi. A livello di arrangiamenti, di produzioni e di concept, sarà un lavoro molto vasto e questo brano ne rappresenta un giusto assaggio».

A volte ci capita di non riconoscere le persone che abbiamo davanti, le stesse con cui magari abbiamo condiviso uno spaccato della nostra vita. “Flute” parla un po’ di questa presa di coscienza, quale messaggio hai voluto lanciare?

«Il messaggio si riferisce alla sensazione di sentirsi solo in mezzo alla gente, parlo anche di promesse infrante, del momento in cui le tue sicurezze crollano e riconosci nella persona che hai accanto un lato che un po’ ti scombussola. In qualche modo, il brano racconta di questo tipo di delusione».

Sentirsi soli in mezzo alla gente, nell’ultimo anno abbiamo vissuto l’esatto contrario, grazie alla tecnologia ci siamo sentiti in compagnia anche in solitudine. Come li hai vissuti questi mesi?

«Sicuramente non è una situazione facile per nessuno, personalmente sto lavorando molto in studio, cerco di incanalare questo senso di impotenza mettendomi sotto a lavorare. Fortunatamente sono riuscito a scrivere, non mi sono ritrovato in difficoltà da questo punto di vista, non ho accusato un blocco, anzi, ho avuto più tempo da dedicare alla musica perchè, in questa situazione, abbiamo tutti meno distrazioni».

In queste ultime settimane non si fa che parlare di Sanremo, il Festival è tra i tuoi obiettivi? Quello dell’Ariston è un palco che ti piacerebbe calcare in futuro?

«In realtà ci ho pensato abbastanza, ma non ho ancora trovato una risposta. Sanremo è sicuramente una vetrina importante, sarebbe una grande soddisfazione riuscire ad arrivarci e divertirmi anche su quel palco. Sinceramente non saprei darti una risposta precisa su questo, devo ancora riflettere, guardare in faccia il mio percorso e capire se il Festival può realmente farne parte. Senza ombra di dubbio sarebbe una bella esperienza».

Cantautore e producer, due ruoli che spesso in Italia non vengono associati ad un unica figura professionale, eppure basta guardare oltreoceano per renderci conto che i più grandi artisti tendono a comporre e produrre da sé. Pensi che questa concezione possa essere sdoganata anche qui da noi?

«Credo che ci siano buone possibilità sotto questo aspetto, prendiamo ad esempio Tha Supreme, è stato uno dei primi a brillare con la caratteristica di essere il produttore di se stesso, in modo molto innovativo. Penso che lui abbia dato speranza a chi come me ha il sogno di scrivere, produrre e cantare la propria musica. Sono molto positivo su questo argomento, piano piano diventerà sempre più usuale comunicare a 360%, sia con il testo che con la propria musica».

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