Un disco vario, ma allo stesso tempo omogeneo: così potremmo sintetizzare l’omonimo album d’esordio di Filo Vals, romano di nascita e cittadino del mondo per vocazione. Un progetto dal respiro internazionale, cantato in quattro lingue e ricco di influenze, sonorità, profumi e odori provenienti da mondi diversi

Cosa ti rende orgoglioso di questo lavoro?

«L’idea di aver aggiunto undici tracce che mi hanno accompagnato in questi tre anni di processo creativo. Sono orgoglioso di aver arricchito la mia libreria musica con queste canzoni. Da grande appassionato di musica, sapere di aver contribuito al grande mare di proposte musicali presenti sul mercato, mi rende estremamente felice».

Un disco vario ma allo stesso tempo omogeneo, quanto ti sei divertito a sperimentare con le lingue e con le sonorità?

«E’ stata davvero la parte più divertente e appassionante, al punto da aver capito che questa è la direzione che intendo prendere anche in futuro».

Considerate le tue esperienze e i tuoi viaggi, quali sono gli elementi e le caratteristiche che non potevano proprio mancare all’appello in questo tuo primo bagaglio discografico? 

«Sicuramente le influenze sonore del Centro-Sud America. Escludendo prevalentemente il reggaeton, ho sempre avuto una tendenza verso questo genere di sound, dalla musica cubana alla bossa nova. Di conseguenza, non poteva proprio mancare questo sapore esotico e caliente nel mio primo disco».

Negli anni hai avuto modo di confrontarti con Paesi e culture diverse, in cosa esattamente ti senti arricchito e in che modo è cambiata la tua percezione delle cose?

«Mi sento arricchito nell’aver scoperto che siamo tutti diversi e uguali in questa differenza che c’è tra di noi. Ho capito che tutto questo ci stimola a conoscere l’altro, abbattendo quelli che sono i muri della propria zona di comfort. Mettersi in gioco, cercare di comprendere le cose da un’altra angolatura. Da un punto di vista europeo, mi piace pensare che considerarsi cittadini dello stesso continente è un valore aggiunto. Io sono romano, sono italiano, sono europeo. La Torre Eiffel la sento un po’ mia, questo è un motivo di orgoglio e un valore aggiunto alla mia ricchezza culturale».

Questo è un disco in cui si balla e si riflette, in cui si ascolta ma anche ci si immedesima. Un viaggio nel mondo, ma anche nel tempo. Se avessi la possibilità di rinascere in un determinato luogo e in un determinato momento storico, dove e quando ti piacerebbe capitare? 

«Se devo tirarti fuori la mia sindrome di “Midnight in Paris”, riferendomi al famoso film in cui i personaggi volevano tornare indietro in una determinata epoca con determinati artisti, sicuramente mi piacerebbe rinascere negli anni ’60 e ’70 per vivermi quel periodo là, in cui la musica era ancora tutta una scoperta. L’idea di vivere senza la fuffa dei telefoni e dei social, con questo approccio più romantico e vero, mi affascina. Poi, alla fine, sono felice di fare parte di questa generazione e di vivermi questo momento, non voglio fare il nostalgico depresso, però se avessi la possibilità di scegliere di farmi anche solo un giro di giostra, mi piacerebbe farlo in quel momento lì».

Coltivi altre passioni oltre la musica?

«Mi piace molto il cinema e tutto il mondo dell’arte, la storia dell’arte e la storia dietro l’arte, mi affascina tantissimo. Anche la cucina mi diverte molto. Passioni diverse ma che hanno in comune la ricerca creativa, l’intento di sviluppare qualcosa di nuovo mettendoci dentro la tua personalità e la tua passionalità». 

Per concludere, in un periodo particolare come questo, quali riflessioni ti piacerebbe riuscire a trasmettere a chi ascolterà questo tuo lavoro

«In un momento in cui siamo chiusi, in cui il contatto sociale è un concetto lontano e astratto, nell’ascoltatore mi piacerebbe suscitare il pensiero di allargare il proprio orticello, riflettere sull’importanza di poter contare l’uno sull’altro. Abbiamo tutti le gambe tagliate da questo Coronavirus. In un mondo sempre più globalizzato penso sia fondamentale poter pensare al concetto di unione, a sviluppare maggiormente la curiosità di conoscere gli altri, riconoscendo questo come una ricchezza e un valore aggiunto, piuttosto che come un limite o una paura. Se devo proprio spararla grossa, quasi come degli Stati Uniti d’Europa».

@ foto di Fabrizio Cestari