Fiori di Chernobyl è stata una delle canzoni più ascoltate durante il primo lockdown, sulla stessa scia emotiva Mattia Balardi, alias Mr. Rain, torna con il suo nuovo disco Petrichor, disponibile da venerdì 12 dicembre

Mr Rain

Parafrasando il titolo dell’album, che profumo ha per te questa pioggia?

«Ha un profumo di libertà, di tranquillità. Ho intrapreso questo viaggio alla scoperta di me stesso, durante il quale mi sono imbattuto in lati diversi del mio carattere, in continua contrapposizione tra loro. Un conflitto tra artista e persona che non si è risolto, ma con cui sto imparando a convivere».

Scrivere questo disco ti ha aiutato a liberarti da qualche zavorra di troppo?

«Assolutamente sì, mi ha aiutato a crescere come persona, a trovare un equilibrio con me stesso, con il mio lavoro, con il modo in cui affronto i problemi. Questo progetto è stato per me terapeutico e costruttivo».

Pensi che possa ricoprire la stessa funzione anche in chi lo ascolterà?

«Il complimento più bello ricevuto dalle persone che mi ascoltano, è che le mie canzoni sembrano scritte apposta per loro. Questo mi sorprende, tendenzialmente perchè nei miei testi racconto quello che vivo realmente, non mi nascondo dietro maschere o stereotipi».

Come accade per i cliché tipici della nuova scena rap, in cui viene meno spontaneo immedesimarsi, no?

«Onestamente, quel tipo di narrazione non mi suscita e non mi lascia niente. Faccio fatica ad ascoltare canzoni che non abbiano al loro interno almeno un piccolo messaggio. Sarà deformazione professionale, ma non riesco a trovarci nulla di interessante. Ho bisogno che la musica mi comunichi qualcosa».

Quanto ti sta pesando l’astinenza dai live?

«Tantissimo, in maniera inqualificabile. La nostra categoria è ferma da circa un anno, non possiamo continuare così. Personalmente mi mancano tantissimo i concerti anche da spettatore, un’esperienza che non considero replicabile attraverso lo streaming».

Saresti disposto anche a ridimensionarti pur di tornare sul palco?

«Assolutamente sì, sono favorevole a soluzioni con capienze ridotte, anche di un quinto. Tutto affinché uno spettacolo si possa svolgere in totale sicurezza, qualsiasi cosa pur di tornare o perlomeno ricominciare a pensare a qualche piccolo evento. Lo dico per il benessere comune, la musica dal vivo aiuterebbe a risollevare il morale di molti. L’unica cosa che si è fermata del tutto, che è sparita nel nulla».

Vivi a Brescia, un’altra provincia della Lombardia che non è stata risparmiata dalla pandemia. Che tipo di cambiamento noti nella realtà che ti circonda?

«Dipende, a dire il vero non noto questo grande cambiamento nella maggior parte delle persone. Personalmente ho imparato molto da questa situazione, specie nel primo lockdown, quando la mia città era completamente deserta e sembrava di vivere in un film. Ho riflettuto parecchio, perchè spesso diamo priorità alle cose futili, sacrificando ciò che conta realmente. Da tutta questa bolla negativa, bisognerebbe soltanto imparare a renderci conto di quello che abbiamo».