In attesa di ascoltare il suo nuovo album in uscita il 19 Marzo dal titolo “E vissero Feriti e Contenti”, a pochi mesi da “Scritto nelle stelle” Ghemon torna a Sanremo con il brano “MOMENTO PERFETTO” dopo il bel debutto del 2019 con “Rose Viola”. Con un nuovo look e un mix di soul e rap è pronto a salire sul palco dell’Ariston.

“E Vissero Feriti e Contenti” è il titolo del tuo nuovo album. Felicità e malinconia pensando all’incertezza del futuro?
“Il punto di luce lo vedo più su “Contenti, che su “Feriti”, nel senso che mi piacciono le cose agrodolci. “Feriti” è una cosa malinconica ma passata, “Contenti” è come dire speranza e futuro. E’ l’oggi e il domani, bisogna essere fiduciosi. Il titolo contiene entrambe le cose, io sono più spostato sulla seconda metà.”
Nella tua prima esperienza sanremese accompagnasti Diodato. Gli hai fatto sentire il brano prima del Festival?
“Si, l’ha sentito poi mi ha chiamato e mi ha detto – “Ualliò, stai in forma eh”. Entriamo nella fase dell’amicizia, lasciamo fuori la musica parlando del più e del meno, però questo mi ha detto, confermo.”
L’esperienza della pandemia ci ha offerto nuove opportunità, i tuoi genitori hanno imparato ad usare la tecnologia a modo loro con Zoom, quindi anche chi non era pratico si è ritrovato anche ad approcciarsi con questi nuovi sistemi. Sei più un tipo analogico o digitale e a quali dispositivi musicali ti sei interfacciato quest’anno?
“Sono un ragazzo analogico in un mondo digitale, prima di tutto, a parte questo diciamo che la cosa tecnologica alla quale sono stato più vicino, parlando di sport, è uno smartwatch ma non troppo smart, nel senso che ne ho comprato uno al quale ho tolto tutte le notifiche dei messaggi. Non me ne fregava niente delle notifiche, le ho tenute solo per monitorare l’attività fisica e devo dire che è una bella distrazione: faccio la corsa e vedo com’è andato il passo o la resistenza, quella è una tecnologia intelligente e divertente.”

Il team è stato il punto di forza del tuo nuovo disco. Hai anche citato “per piacere alla gente ti deve piacere la gente”. Ti piace di più in questo momento?
“Si, mi piace di più, non che prima non mi piacesse ma sono un pò diffidente. Per stare insieme agli altri ho bisogno di sapere di avere attorno persone di cui posso fidarmi e dire come la penso. Con i ragazzi è successo proprio questo, avere la libertà e la tranquillità di essere me stesso. Eravamo tutti sullo stesso piano, se avevo scritto una cosa che non tornava i ragazzi mi dicevano – “Questa cosa non torna, prova in un altro modo” – ma non mi è mai arrivata come critica o mancanza di fiducia, sempre in modo costruttivo. Quando in un gruppo lo spirito è buono, tutti vedono la cosa come la costruzione di qualcosa di bello, senza demolire lo spirito dell’altro. Quando c’è questo è una cosa magica, dipende dalle persone che trovi ma anche da quanto sei aperto tu.”
Prima di scrivere il disco hai attraversato un momento di blocco e di sconforto. In quali canzoni lo si può leggere?
“Guarda, il blocco era consequenziale allo shock, come tutti volevo capire cosa stesse succedendo, c’erano dei momenti in cui le notizie erano diverse ogni girono e in quel momento era difficile pensare a scrivere, pensare a una canzone. Era difficile fare tutto. Ci sono stati momenti di preoccupazione e di sconforto ma le situazioni difficili mi hanno sempre insegnato ad andare a letto e a ripartire la mattina dopo.”
L’album è presentato con la simbologia del gatto estremamente surreale. Che significato ha per te?
“Quando lo abbiamo scelto era prima di tutto un elemento surreale, nella foto c’è un elemento di sorpresa, da cui dopo dovevano derivare tutti i ragionamenti. Quando guardi un quadro ti fermi a pensare a cosa fosse successo nella testa dell’autore. Stessa cosa per quanto riguarda la copertina, volevo ci fosse un punto simbolico e che le persone si mettessero davanti facendo i loro ragionamenti. Il gatto poi ha sette vite, perché in realtà tutti ne viviamo più di una, è casalingo, dolce ma allo stesso tempo è un felino e sulla copertina, infatti, è pronto allo scatto. Ha tanti significati, probabilmente alcuni li scoprirò strada facendo perché ho aperto una porta e sto notando che ciò che c’è dietro va al di là di quello che pensavo prima.”