Andrea Mazzantini, in arte Mazay è una leggenda vivente dell’elettronica. Con i Pink is Punk, ha suonato a fianco di Dj del calibro di Benny Benassi, Chemical Brothers ed ha aperto il concerto di Jovanotti a San Siro. Oggi Mazay ci parlerà un pò di sé e della sua ultima release con Edo Fendy “Madre Mia”, per la sua etichetta “Stay Fresh”, disponibile da oggi su tutte le piattaforme digitali.

Dopo l’incontro con Thaurus Publishing, il tuo progetto di fondare un’etichetta è diventato realtà. Così è nata “Stay Fresh”: in cosa consiste il progetto?
«Circa un anno e mezzo fa mi sono incontrato con Giovanni Valle (Thaurus Publishing), editore e musicista che stimo molto. Ci siamo trovati sin da subito, spronandomi e proponendomi di unirmi a lui.
Stay Fresh è nata per poter gestire la mia musica in modo totalmente indipendente, per poter dare la possibilità anche ad artisti sconosciuti di realizzare i propri sogni. E’ sempre stata una mia caratteristica, quella di scovare Dj, progetti nuovi che potessero diventare di tendenza in pochissimo tempo.»
Oggi esce il tuo nuovo singolo Mazay X Edo Fendy “Madre Mia”. Come è nata la collaborazione?
«E’ un grandissimo amico, che ho conosciuto in un campo da calcio, perchè entrambi giochiamo per la nazionale hip hop, facciamo un sacco di beneficenza. Oltre ad Edo ci sono Shade, Rufio, Eddy Veerus, Junior Cally e tanti altri. Un paio di settimane dopo dalla prima partita, io ed Edo ci siamo trovati in studio ed abbiamo realizzato una decina di pezzi.
“Madre Mia” è solo la punta dell’iceberg di quella che sarà la collaborazione tra me e lui, che sfocerà nel suo secondo disco. Non posso dire altro, sarà una sorpresa.»
Sei il maestro della trap che viene “trasformata in quarti”. Cito Edo Fendy in “Madre Mia”: “Non ascolti cassa dritta questo fa di te una spia, non ascolti cassa dritta non sei figlio di Maria”, come se stesse trascinando un ascoltatore della trap, a ricredersi sulla cassa dritta. Come viene percepito il genere rap house dagli ascoltatori della trap? Apprezzano la cassa dritta?
«Vengo dalla Fidget. Quando ho iniziato a fare il Dj, mi sono innamorato di quel genere. La cassa dritta con il rap, è il mio mondo. Penso che in un locale, la trap su una cassa in quarti, faccia ballare e saltare.
Ricordo uno dei primi remix che ho fatto: un’acappella di Nas con un beat dance. Mi auguro sia una variante che la gente possa apprezzare, soprattutto dopo questa pausa lunghissima dalla pista da ballo. Questo progetto è nato proprio con questo spirito.»
La tua cultura hip hop a che nomi fa riferimento? E oggi chi sono i tuoi rapper, trapper preferiti?
«Quando andavo con lo skate a 14 anni, ascoltavo il rap americano della East Coast: Notorius BIG, Wu Tang Clan, Nas, tutto il filone di New York di quegli anni.
Oggi il mio preferito è Future, mentre in Italia, amo veramente tantissima gente, ma l’unico nome che ci tengo a citare è Blanco, perchè ha un’attitudine punk rock, unita al modo di comunicare tipico della trap».
Hai realizzato nel 2020 i singoli “Hey!” con gli Alterboy, “Call Back” e “Ombrelloni Ghiacciati”. Sono anticipazioni di un nuovo album?
«Quest’anno ho prodotto dei pezzi dance, che mi piacciono molto, tra cui “Hey!” con Alterboy, che sono un gruppo nuovo, è la loro prima pubblicazione e sono felicissimo sia sulla mia etichetta. “Call Back” è un pezzo che ho realizzato nel periodo -quasi- no covid di Luglio. Per il resto ho tenuto i pezzi più dance in cantiere, perchè senza i club è un pò strano fare delle release di questo tipo.
Mentre “Ombrelloni Ghiacciati” è il pezzo dal quale è nata l’idea di fare il disco. E’ un pezzo rappresentativo del mio prossimo disco. Un miscuglio di dance con artisti italiani sconosciuti o newcomer come possono essere Federico Secondomè e Vago, fino ad arrivare ad artisti più grossi. L’idea del disco è unire il mio modo di vedere la dance e il pop, con i featuring italiani. Voglio fare un disco italiano.»
E’ importante per un producer, come per un’etichetta, riuscire a pubblicare un album? O il pubblico più di tanto non ne subisce il fascino / il senso?
«Un disco è importante. Anche se va contro le regole di Spotify, un disco ha molte meno possibilità di essere ascoltato e vissuto come veniva fatto prima. Però è importante per il percorso di un’artista, perchè evidenzia l’inizio ed il viaggio. E’ un modo per far capire a chi ti ascolta che stai facendo un progetto e che hai un’evoluzione. E’ un lavoro intimo, pensato, che esprime tutto quello che vuoi rappresentare, nel momento in cui lo produci. Quindi sono molto contento di lavorare al mio primo disco come Mazay.»
Meglio pubblicare una serie di singoli?
«E’ meglio pubblicare una serie di singoli, se sei un artista del mio livello. Devo far conoscere la mia musica, quindi non farò mai uscire il disco senza aver fatto un pò di singoli. La mia idea è quella di partire e di fare una piccola scalata. Ogni singolo deve riuscire a superare quello precedente, per poi mettere fuori l’album. Far uscire tutto il disco in una volta sola, rischierebbe di vedere bruciato il lavoro di un anno, perchè devi conquistarti il pubblico piano piano. Ora sto pianificando i varii singoli, tra cui “Madre Mia”.»
In italia si investe ancora sulla musica elettronica? È cambiato il pubblico?
«L’Italia è un paese piccolo, quindi difficilmente si riescono a fare grandi investimenti su una nicchia, però quello che spero cambi, è il pubblico. Ho notato una differenza totale, tra i primi anni ’10 ed ora. I clienti dei club, erano degli hooligan del genere che facevi.
Dal 2017 in poi si è verificato questo uniformarsi di generi e di scaletta dei pezzi nei club: anni 90, techno, reggaeton, trap italiana e nient’altro. Questa cosa ha fatto sì, che la gente si distraesse sempre di più, perchè ascoltava sempre le stesse canzoni, cantando il ritornello per poi passare il tempo a farsi i selfie e a fotografare le sciabolate.
Spero che il pubblico, dopo questa pandemia, ritorni a tenere le mani in tasca, perchè ha voglia di ballare. Sono abbastanza sicuro che succederà, perchè la gente avrà voglia di vivere live, senza dover per forza immortalare qualsiasi cosa.»
Parlaci dell’influenza che hanno avuto sul tuo stile, anche a livello tecnico, i Daft Punk, che pochi giorni fa si sono sciolti.
«Sono un super fan dei Daft Punk e infatti l’ho presa malissimo. Sono stati importantissimi per la mia crescita musicale. Ogni album, concept, video, grafica che hanno realizzato, credo siano essenziali, per chiunque ami l’elettronica. I primi dischi che hanno fatto sono ancora attuali ed underground, nonostante abbiano più di 20 anni. Pink is Punk, il mio progetto precedente, porta con sé un pò di Daft Punk».

Con i Pink is Punk, il tuo precedente progetto insieme a Nico Vignali, sei stato uno dei massimi esponenti a livello mondiale del genere Fidget, insieme a Crookers e Bloody Beetroots. Con la “rap house”, (chiamiamola banalmente così visto che le basi sono tech house, bass e deep house, con un’acapella rap) è stato un pó un ripartire da quel momento, scavalcando il periodo edm?
«E’ esattamente il motivo per cui è nato il progetto Mazay. Volevo ritornare a quel periodo. Io e Nico siamo nati nell’esplosione dell’electro. C’era tanto rap, ma anche l’influenza del rock era comunque gigante. C’erano tante band che a differenza di adesso, spaccavano tutte le classifiche. La pista aveva un’energia che non ho più ritrovato, quindi Mazay è nato con la voglia di far ballare la pista.
Sì, diciamo che scavalco l’edm, perchè è un genere che poi è crollato in un cliché di musiche tutte uguali. Durante le serate, quando era il mio turno di suonare come guest, il resident aveva già suonato tutto.»
Nameless ha posticipato le date a Settembre. Come l’hai presa?
«Nameless è una grande famiglia. E’ il festival più importante e meglio realizzato in Italia. Giammarco Ibatici è uno dei miei più grandi amici, mio Booking agent da una vita ed uno degli organizzatori di Nameless. Era nell’aria questa posticipa.
Si stanno organizzando da quasi un anno per riuscire a fornire i tamponi all’ingresso, per fare un covid free party. Dipenderà molto dai vaccini, che saranno un grande spartiacque. Speriamo che questo governo riesca a capire l’importanza della musica, dei festival e di far ripartire tutto il mondo del live, perchè per noi è veramente difficile continuare a stare fermi.»
Che rapporto hai con la città di milano? In cosa sta cambiando?
«Milano è la mia città e la amo. L’ho vista diventare pazzesca, nonostante quello che possono dire gli haters. Dopo l’Expo c’è stata una crescita incredibile. Negli ultimi 15 anni, Piazza Gae Aulenti, la zona di Melchiorre Gioia, Nolo, hanno cambiato pelle completamente. Ho visto i milanesi ricominciare ad investire, migliorare la qualità di tutto. Non c’è più nessuna differenza dalle altre città europee come Londra o Parigi. E’ migliorata nella sicurezza, nella pulizia. Ricordo Milano negli anni ’80: era un altro mondo. Ad oggi, questo covid ci ha davvero dato una mazzata, ma ho piena fiducia su Milano.»
Hai nuove wave da segnalarci che riguardano la musica house, elettronica, dance e il panorama trap, hip hop?
«La nuova wave secondo me è in arrivo. Ci sarà un grande ritorno alle sonorità più rock’n’roll. Sia nell’elettronica che nel rap. Le chitarre ed i sintetizzatori distorti, torneranno di nuovo.»
Tuo figlio Leone ha 12 anni. Che musica ascolta? Avete gusti simili?
«Leone è il mio partner in crime. Mi dice chi spacca, perchè sulla trap è ferratissimo. E’ uno scopritore di talenti. Ogni tanto mi fa dei nomi che un mese dopo esplodono, ma che nel suo YouTube e nel suo Spotify aveva già notato da tempo. Lo uso tantissimo per avere dei pareri in studio, perchè avere Leone è un’arma in più. E’ l’insider, l’ascoltatore, è il più fresh!»
Hai preso parte al format in live streaming, “La musica non si ferma”. E’ il futuro dei dj set o una modalità d’emergenza vista la pandemia?
«E’ stata una figata e sono organizzati molto bene. Penso sia una cosa d’emergenza. Perchè il live con la gente, non ha niente a che vedere con un dj set fatto per un social network. E’ stato funzionale farlo, per far sentire la nostra musica e per far divertire la gente a casa. Appena passata la pandemia torneremo nei club anche in giornate che negli ultimi anni reputavamo improbabili come il Martedì, il Mercoledì e il Giovedì.»
Cito Claudio Coccoluto: “Chi fa clubbing è un volano culturale per i movimenti giovanili, finora l’approccio delle istituzioni è stato riduttivo, sia il governo, sia il Mibact ancora non definiscono un ruolo definitivo per questo comparto, nonostante muova un indotto enorme. La mancanza di interesse e di sussidi crea una condizione pericolosa, i professionisti dovrebbero arrivare vivi a un’ipotetica data di riapertura che nessuno ancora conosce, mentre devono pagare l’affitto, le bollette.” Di chi è colpa? Il settore dell’intrattenimento da club è così tanto frammentato, da non riuscire a trovare un portavoce, un’associazione, qualcuno che faccia qualcosa? Da chi dovrebbero partire le iniziative?»
«Il mondo della notte da sempre è considerato una cosa strana, non legale, clandestina. Dal Dj al barista, nessuno ha mai ricevuto il rispetto che merita, come in qualsiasi altro lavoro. Facendolo di notte, mentre gli altri si divertono, siamo sempre stati visti come i fannulloni, gli evasori.
In Italia in passato c’è stato tanto marcio. Tanti locali perfetti e tanti che avevano migliaia di imperfezioni. Mi auguro qualcuno prima o poi prenda in considerazione il fatto che siamo dei lavoratori, paghiamo le tasse, seguiamo delle regole come gli altri.
Ricordo che quando ho fatto la partita iva, apparivo come artigiano. Il Dj non ha una categoria. Vorrei che venisse dal governo, qualcuno che si occupasse di noi che lavoriamo nei club. L’Italia deve alzare l’asticella, perchè è proprio una questione culturale.
In Inghilterra, in Germania questi lavori sono rispettati dalle istituzioni. Durante la pandemia siamo stati additati come colpevoli dei contagi, quando in realtà il mondo della notte è stato quello che più di chiunque altro ha tirato la cinghia. Non ci sono stati recovery founds.
Ci hanno dato qualcosa, ma ad esempio in Germania, gli aiuti economici sono partiti subito e anche tanti. Il mondo della notte va tutelato, perchè fa divertire tutti, anche quelli che non ci vogliono tutelare.»
Un pensiero su Coccoluto.
«Claudio è stato un Dj che ho iniziato a seguire da sotto la consolle. Ai tempi del liceo, frequentavo i primi after e suonavano Coccoluto, Ralf. Una leggenda mondiale. Di lui ricordo la grande intelligenza. Faceva coi dischi quello che gli altri non sapevano fare.
Era un poeta ed uno di quelli che continuava a combattere affinché quello del Dj venisse riconosciuto come lavoro. La sua dipartita è stata commentata da tutto il mondo, perchè ha lasciato un ricordo indelebile. In consolle ti faceva viaggiare. Raffinatezza, magia, abbiamo perso un grande maestro ed una persona incredibile.»