“PROTEGGI” è il titolo del nuovo singolo di Valentina Parisse, attualmente al 33esimo posto della classifica Italiani di EarOne. Un brano che racconta le paure, le fragilità e le insicurezze che caratterizzano le relazioni interpersonali che sentiamo, oggi più che mai, come un bene indispensabile della nostra vita.

Ciao Valentina! il tuo nuovo singolo si chiama “Proteggi” ed è già alla 33esima posizione della classifica Earone Italia. Un traguardo importante.

<<Credimi Tommaso è stata una grandissima soddisfazione perché arriva in un momento molto difficile che tutti stiamo vivendo, perciò tutto quello che riusciamo a fare è sentito ancora di più.>>

Sei riuscita a trovare la giusta ispirazione nonostante il periodo di fermo?

<<Ti dico per me è stata ed è ancora un’altalena, una montagna russa continua perché ho iniziato il primo lockdown con grande energia, probabilmente perché venivo da un periodo estremamente attivo a livello artistico, poi col passare del tempo le cose sono un pò cambiate. L’arte però è fatta anche di inquietudine, interiore pure, e questa cosa mi ha aiutata a riflettere e concentrarmi molto di più su certe cose. Diciamo in generale ci sono stati alti e bassi.>>

Immagino che inevitabilmente qualche progetto sia stato rimandato.

<<Assolutamente si, qualcosa si è bloccato ma per fortuna la tecnologia ci ha aiutato veramente tanto. Infatti “Proteggi” in parte è stata realizzata in remoto, poi con le persone con le quali collaboro ho un rapporto umano vero, perciò sapevamo già tutto e che suono volevamo ottenere. Io amo particolarmente il contatto con le persone.>>

Quanto ti manca questa cosa? stare a contatto con le persone?

<<Tanto perché come ti ho detto sono una persona di contatto, anche in “Proteggi” accenno un pò al fatto di questa solitudine e isolamento, anche il verso – “e fuori dalla finestra non vedo niente” – è tratto da una storia vera perché ci affacciamo e ci sentiamo come alienati. Io poi vengo da un quartiere molto popolare e sotto casa spesso c’è il mercato, ecco manca tantissimo scendere giù e stare in mezzo alla gente.>>

Il brano è accompagnato da un videoclip ricco di contenuti dove c’è anche questo contrasto tra la staticità del momento, rappresentata da delle statue, e la voglia invece di rinascere con questo ballerino che danza e non accenna a fermarsi.

<<Sono davvero felice tu abbia colto il messaggio di questo video, anche perché è proprio ciò che volevamo arrivasse al pubblico. Io poi vengo da Roma, quindi tutto ciò che è marmoreo e riguarda le statue mi appartiene, giriamo e siamo perennemente circondati da questa bellezza statica, ferma e cristallizzata perciò l’ispirazione per questo video è legata al posto dal quale vengo. Di fronte a una statua può accadere di tutto, anche una pandemia per l’appunto ma lei sarà sempre li fissa e non può fare nulla. Da qui poi il contrasto con Angelo, il ballerino, al quale abbiamo chiesto proprio di non fare una coreografia fine a se stessa, ma di interpretare le parole della canzone e questa voglia di muoversi. Credo che l’immobilità sia nel pensiero che nel fisico sia terrificante, perciò dobbiamo rinascere attraverso il nostro corpo, con gli abbracci e i baci che al momento non possiamo darci. Spero davvero che non ci si abitui mai alla distanza.>>

Questo è un brano al quale hanno collaborato diverse figure artistiche di una certa caratura, da Chris Lorde-Alge, vincitore di 5 Grammy ad Antonio Baglio anche lui vincitore di 2 Grammy e 12 Latin Grammy, poi con autori come Alfredo Rapetti, Mogol e tanti altri. Cosa accomuna ognuno di loro e cosa ti senti di aver appreso lavorando con dei professionisti del genere?

<<Eh tanto… guarda questa è una squadra che ho messo insieme con tantissimo lavoro e attenzione come faccio anche nei live, in quel caso dico sempre alla mia band di dare il proprio contributo, cioè questa è la canzone ma poi ognuno deve metterci del suo altrimenti non è una collaborazione. Anche in questo caso, in questo nuovo singolo, ognuno ha contributo col suo enorme talento e poi sono tutte persone vere, perché per me una collaborazione funziona se alla base ci sono rapporti veri. Sono tutti amici con i quali si è creato un automatismo tale necessario, la famosa intesa. E’ una squadra davvero forte e di cui sono molto fiera. Poi pensa, piccola curiosità, sono riuscita a coinvolgere Chris e lui in Italia fino adesso aveva collaborato solo con Caparezza, perciò è anche un orgoglio aver portato lui.>>

Nel brano parli anche di paure, fragilità insicurezze. Quali sono quelle di Valentina? Se ce ne sono.

<< Hai voglia! quante pagine ho a disposizione? (ride). Tante tante, davvero tante Tommaso. A volte mi sveglio al mattino e mi dico – “ma che caspita sto carattere… potrei essere cosi o forse cosi… potrei farmi meno domande o pormi meno dubbi…” – poi però mi rispondo sempre e capisco che se non mi facessi queste domande cosa avrei da raccontare? Una persona piena di sicurezze ti racconta questo e questo’altro e fine, io invece sono l’esatto opposto. Mi faccio mille domande, cerco di riflettere sulle cose e poi analizzo. Sono innamorata delle parole che per me hanno sempre mille sfumature, e questo mi porta a sceglierle sempre con grande cura. Sono piena di paure, la prima che forse abbiamo un pò tutti è quella del timore di cosa ci aspetta domani.>>

Valentina Parisse, nel corso della tua carriera sei arrivata a collaborare con diverse figure “leggendarie” possiamo dire della musica italiana, Renato Zero, Michele Zarrillo. Quanto ti hanno arricchita professionalmente queste esperienze?

<<Renato l’ho incontrato qualche giorno fa a Roma e davvero, la bellezza di poterci scambiare quattro chiacchiere con questi personaggi già ti arricchisce. Guarda mi ricordo la prima volta che collaborai con Phil Palmer, che è stato il gancio attraverso il quale poi sono arrivata a Renato, mi ritrovavo con lui e commentavo anche in maniera molto naïf brani che lui aveva scritto, perciò si creava una sorta di atmosfera surreale. Poi Phil è uno spasso, persona super simpatica. Sono tutti una fonte di ricchezza e accrescimento perenne. Ti dico anche di Michele, noi sappiamo che dietro un semplice brano di 3 minuti e mezzo c’è un lavoro incredibile che è stato fatto, io e lui abbiamo lavorato per un mese e mezzo ogni notte al testo che poi è stato selezionato per Sanremo qualche anno fa. Eravamo proprio li con la minuzia e la passione certosina nel trovare le parole giuste per quel passaggio, quel momento, quella nota. Questo ti fa capire che anche se arrivi a certi livelli non bisogna mai accontentarsi.>>

Tu hai esordito nel 2011 con l’album “Vagabond” realizzato tra Italia, Canada e Inghilterra. Che apertura mentale artistica ti ha dato l’estero?

<<Guarda ne parlavo l’altra sera con Red Ronnie, ripensarci adesso mi sembra una cosa epica e folle perché tu immagina una ragazzina di provincia che non aveva mai fatto un viaggio transatlantico che con quattro soldi prende a va verso questa “terra promessa”. Oltretutto quando sono atterrata a Montreal me l’ero immaginata tutta fatta di grattacieli, perché spesso noi italiani o comunque europei associamo subito all’America i grattacieli. Quindi atterro e niente, c’era questa distesa infinita di neve, bianca perfetta ma grattacieli manco l’ombra (ride). Comunque il Canada è una terra enorme, vasta, bellissima, che mi ha dato tanto e per questo mi sento molto fortunata. Poi mi ha insegnato che il nostro ruolo nel mondo è assolutamente relativo agli altri e a quello che abbiamo intorno. Sono stata anche a Los Angeles per lavoro e ho capito quanto sia importante il senso di collaborazione in America, cioè tutti si siedeno intorno a un tavolo e ognuno da il proprio contributo con la sua idea che vale quanto quella di uno che può aver vinto 5 Grammy.>>

Se ti riporto indietro a maggio del 2019? Cosa ti viene in mente?

<<Guarda mi tremavano le gambe perché mi sono esibita di fronte a una leggenda come Bruce Springsteen e al nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Io sapevo che avrei avuto di fronte il presidente, e già qui un pò di ansietta c’era, poi però nessuno voleva avvertirmi della presenza di Springsteen e devo dire che è stato meglio così. Sono momenti che ti cambiano la vita, eravamo in una cornice pazzesca, di una giornata bellissima e tutto ha funzionato alla perfezione.>>

Un commento invece, per chiudere, sulla tua esperienza ad All Togheter Now e un tuo giudizio sul Festival di Sanremo di quest’anno.

<<All Togheter Now è stata un’esperienza super super figa e che non immaginavo. Poi è stato bello perché io faccio parte del programma dall’inizio, da quando era solo una bozza perciò l’ho visto crescere ogni anno andando a prendere sempre più persone. E’ figo perché siamo tanti artisti tutti diversi tra loro che portano il proprio bagaglio, ma la cosa che mi piace di più è che partendo dai conduttori, che sono Michelle Hunziker e J-AX, fino a noi nessuno vuole denigrare o entrare a gamba tesa sui concorrenti, tendenza che spesso vedo in altri talent dove c’è molta aggressività. L’ultima edizione è stata ancora più importante poi, intanto per il privilegio di poter andare in studio e lavorare quando molta gente era a casa  e poi la voglia di portare un sorriso e sollievo alle persone che ci stavano seguendo. Per quanto riguarda Sanremo invece, avendolo vissuto quasi in prima persona, ho capito la polemica e la voglia di avere il pubblico perché fa parte del gioco e della performance. Nonostante l’assenza se la sono cavata tutti alla grandissima. Tra gli artisti in gara mi è piaciuto molto Willie Peyote, che io conoscevo già da prima e poi da donna sono molto contenta di quello che ha fatto Orietta Berti. Ho una grande stima per lei che ha spaccato e tenuto testa a tanti giovani in gara.>>