Virginio torna a raccontarsi in musica, Rimani è il titolo del suo nuovo singolo, un brano che parla di consapevolezza e di libertà

Virginio Rimani

Un pezzo molto personale, è stato più complicato del solito scavare dentro di te?

«Eh sì, “Rimani” è una canzone che scava parecchio nel mio personale, anche se questo è un esercizio che mi appartiene un po’ da sempre. Negli anni ho capito che è qualcosa di inversamente proporzionale: più racconti situazioni legate alla tua vita e più la gente tende a riconoscersi, ad immedesimarsi nel tuo stesso racconto. Di base credo che le persone percepiscano la verità e che ci siano delle canzoni con una verità più diretta, più cruda. Forse è proprio questo che fa la differenza».

Quindi, scrivere “Rimani” ti ha aiutato a liberarti di qualche zavorra di troppo?

«Indubbiamente sì, più che zavorra, direi di quei pesi che portiamo sul petto e che ci limitano nel chiarire un po’ le cose “Rimani” è una canzone catartica, che in qualche modo mi ha aiutato a scrollarmi qualche pensiero di dosso. Noto con piacere che riproduce lo stesso effetto anche in chi la ascolta, questo mi rende parecchio felice».

Crescendo è cambiata la tua percezione della musica rispetto ai tuoi esordi?

«Sai, è cambiata molto la musica in realtà. Sicuramente c’è un’era pre e post internet, ma anche un’era pre e post social. Credo che l’errore più grosso della discografia sia stato quello di non tutelarsi più di tanto rispetto al web, di conseguenza, questo ci pone oggi in grande difficoltà. Al contrario, la rete ha aperto la possibilità a tanti ragazzi di farsi notare. Sono dell’idea che questo cambiamento sia un po’ come un elastico, che viene tirato da un lato per poi andare nella parte opposta, ad un certo punto tornerà al centro e si troverà un equilibrio. Perchè è indubbio che non si può passare da un cantautorato classico ad un tipo di cantautorato fatto con l’autotune. Hanno entrambi il loro valore, ma ci vuole una via di mezzo e sono certo che arriverà».

Golden Globe in tasca e una storica nomination agli Oscar, che messaggio ti senti di rivolgere alla tua amica Laura Pausini?

«Laura si merita tutto, lei è una stacanovista, un’artista veramente completa, una persona estremamente sensibile, che difende le persone fragili e indifese, una caratteristica non così tanto comune al giorno d’oggi. Ha un talento indiscutibile, dal vivo è un animale da palcoscenico, l’empatia che riesce ad instaurare con il pubblico è invidiabile. Non mi sorprende niente di tutto quello che le sta accadendo, anche se si tratta indubbiamente di traguardi straordinari, nel suo caso sono assolutamente meritati».

Sei nato a Fondi, in provincia di Latina, ma vivi a Milano da quasi vent’anni. Come sei stato accolto qui?

«Milano mi ha accolto sempre in maniera onesta. Mi sono trasferito qui per frequentare l’università, di conseguenza è stato più facile stringere amicizie. La considero la mia città, soprattutto negli ultimi anni in cui ho vissuto anche a Roma, ogni volta che torno la sento come casa mia».

L’hai vista cambiare in questi anni?

«Indubbiamente sì, Milano è una realtà che ho visto fiorire nel tempo, anche se in questo ultimo periodo di pandemia ha decisamente sofferto, perchè è una città che vive di socialità, di conseguenza le restrizioni e il distanziamento l’hanno profondamente ferita. Spero si possa ricominciare presto, ma ne sono certo, perchè Milano ha sempre avuto la grande capacità di rialzarsi velocemente».

In un momento storico in cui necessariamente dobbiamo stare tutti un po’ più lontani, credi che stiamo riscoprendo il significato della parola unione e il valore di un abbraccio?

«Penso che ci sia una grande spaccatura, vedo in giro molta frustrazione e tanta rabbia, questo mi dispiace, anche se è piuttosto comprensibile. D’altra parte, ciascuno di noi ha fatto un po’ di pulizia, riflettendo su quelle che sono le persone che contano davvero. Quando una nave sta affondando, sai perfettamente chi vorresti avere al tuo fianco, no? E’ un po’ lo stesso concetto in questo periodo, per cui entrambe le cose sono vere, diciamo che si è acuito un po’ tutto».

Virginio Rimani

© foto di Giuseppe Foglia