Questo l’invito di Ti vedo attraverso, la nuova riflessione musicale di Marco Guazzone, disponibile in radio e sulle piattaforme digitali dallo scorso 9 aprile

Qual è stata la genesi di “Ti vedo attraverso”?

La scrittura di una canzone per me è sempre un processo catartico in cui devo tirare fuori un determinato stato emotivo e cristallizzarlo in una fotografia sonora che posso riguardare ogni volta che ne ho bisogno. Ho capito che era il momento di esorcizzare la paura di questo anno difficile e ho tirato fuori tutti i pensieri negativi che avevo trasformato in parole sul mio taccuino. Non volevo scrivere una canzone che parlasse del Covid e nemmeno propriamente del confinamento ma piuttosto che raccontasse cosa significa confrontarsi con se stessi nei momenti difficili della nostra vita.

Che tipo di esperienza è stata provare a guardarsi da fuori?

Necessaria, perchè ad un certo punto ho avuto l’urgenza di staccarmi da me per cambiare prospettiva e guardarmi da un altro punto di vista. Avevo bisogno di confrontarmi in maniera lucida con me stesso e per farlo sono entrato nello specchio e ho preso il posto del mio riflesso perchè è lui che tutti i giorni si fa carico delle mie paure, che mostra sul corpo tutte le mie ferite, che si arrabbia quando non mi ritengo all’altezza rassicurandomi che i miei difetti e le mie debolezze fanno parte di me così come i lati positivi e che tutti i passi falsi e le cadute sono esattamente il percorso che dovevo fare per arrivare fin qui. È il mio riflesso che mi ricorda chi sono quando io sono troppo stanco per farlo.

In un mondo influenzato dai social, in cui ci si riflette spesso in uno schermo o in un monitor, cimentarsi in questo tipo di analisi è un esercizio che consigli?

Lo schermo del nostro cellulare è diventato il nostro nuovo specchio ma purtroppo la realtà che rilfette è distorta. Il nostro sguardo sul mondo è sempre meno oggettivo e sempre eccessivamente filtrato. I social network troppo spesso mostrano solo la versione migliore di noi stessi illudendoci e abituandoci al fatto che non esista un nostro lato debole o peggio, che sia sbagliato mostrarlo. Credo invece sia molto importante imparare di nuovo a guardarci con i nostri occhi e accettarci per quello che siamo.

Pensi che il lockdown ci abbia spinto a dedicare più tempo al confronto con noi stessi?

Sono sempre stato una persona molto introspettiva e riflessiva ma questo momento storico mi ha portato a scavare ancora più a fondo dentro di me per affrontare l’inquietudine e l’incertezza dovute a quello che stiamo vivendo. Ho capito che è normale essere spaventati e la cosa più sana che possiamo, anzi dobbiamo fare, è riconoscerlo ad alta voce, prenderne coscienza, e chiedere aiuto a noi stessi o a qualcuno se ne abbiamo bisogno.

Molto interessanti le sonorità, come siete arrivati a questo risultato? Siete stati ispirati da qualcosa in particolare?

Ultimamente ho ascoltato molto i Son Lux e Jack Garrat per quanto riguarda il mondo internazionale e Salmo per il mondo italiano. La produzione si ispira principalmente ai Depeche Mode, alla loro “cupezza” e alle loro sonorità elettroniche che risultano ancora incredibilmente attuali. Quello che avevo in mente era di poter ballare anche su un pezzo “scuro”, di avere un ritmo costante come il battito cardiaco che permettesse da un lato di andare veramente a fondo di questo stato d’animo e dall’altro di muovermi per scrollarmi la tristezza di dosso.

Quali innovazioni contiene questo pezzo rispetto alle tue produzioni passate?

Sicuramente l’approccio di base alla creazione del brano si è evoluto. La squadra compositiva si è allargata e oltre ai due membri degli STAG (la band con cui ho collaborato per anni) e a Nicola Cioce – con cui ho scritto il precedente singolo “Con Il Senno Di Poi” – il pezzo è stato scritto con Alessandra Flora (autrice di successo per artisti come Malika Ayane, Noemi, Arisa, Nina Zilli e Gianni Morandi). A livello produttivo inoltre è la prima volta che mi trovo a collaborare con produttori diversi (Edoardo Cicchinelli e Giuliano Vozella) e questo ha permesso di sperimentare in direzioni nuove e inaspettate.

Se dovessimo definire “Ti vedo attraverso” con uno stato d’animo, quale sceglieresti?

Se esiste lo stato d’animo del salto nel vuoto è quello. La sensazione alla pancia che ti prende quando stai per tuffarti da uno scoglio altissimo con la paura che ti attanaglia e allo stesso tempo ti elettrizza.

Marco Guazzone Ti vedo attraverso

© foto di Alessandro Cantarini