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BOUVET: “È GIÀ STATO DETTO TUTTO, MA È GIUSTO CONSERVARE UN MODO PERSONALE DI ESPRIMERE CERTI CONCETTI”

Bouvet è un giovane cantautore toscano con un passato nel rap e un presente musicale ricco di contaminazioni, così come si avverte nel nuovo singolo “Kilometri”
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Bouvet è un giovane cantautore toscano con un passato nel rap e un presente musicale ricco di contaminazioni, così come si avverte nel nuovo singolo “Kilometri

Bouvet

E’ uscito Kilometri, il nuovo singolo del giovane cantautore Bouvet, nome d’arte di Filippo Checchi, nato nel 1989 e originario di Pietrasanta (Lu).

Nella sua musica si riconosce un approccio originale e in cui si avvertono numerosi ascolti e riferimenti.

Un ottimo esempio di un percorso interessante che il pubblico ha iniziato a conoscere qualche tempo fa. Un cammino che avrebbe meritato qualche chance in più magari su un palco importante come quello dell’Ariston, che ha sfiorato nel 2020 attraverso il contest Area Sanremo 2019, nel quale è risultato finalista con il brano Dentro Piove.

Il videoclip di Kilometri sarà in anteprima su www.stefanofisico.it giovedì 6 maggio.

Intervista a Bouvet

Qual è stato il tuo primo approccio con la musica?

«Mi sono avvicinato alla musica inizialmente come ascoltatore. A casa mia si ascoltava molta più musica italiana che internazionale, quindi da bambino ho subito il fascino del cantautorato italiano. Poi in età adolescenziale ho conosciuto il rap ed è stato un po’ il mio primo amore nel senso che ho provato a scrivere i primi testi e a registrare le prime cose facendo delle canzoni rap.

Da lì in poi ho avuto un bel percorso nel rap. Magari non troppo di spicco, ma sicuramente il rap mi ha insegnato tantissime cose. Poi ho sentito l’esigenza di un cambiamento. Non forzato, ma naturale

Cosa rappresenta per te il rap?

«L’inizio, il mio inizio. Ancora oggi cerco di seguire il rap italiano ascoltando tutto quello che esce anche al di là del mainstream. Secondo me all’interno della scena ci sono delle ottime penne e il rap a me ha insegnato tantissimo soprattutto nel processo della scrittura.

Mi piace concentrarmi sui testi e spesso vado a ricercare artisti che non sono considerati di primo piano. Ho un legame con il rap perchè lo considero come il primo amore e d’impatto è il genere che mi colpisce di più, forse perchè si da una grande importanza al testo. Io sono un amante delle parole e di conseguenza mi viene automatico ritrovarmi in alcuni testi di quel genere.»

Qual è stato l’input che ti ha portato a sperimentare altri generi?

«Dopo i primi anni in cui mi sono confrontato con il rap, c’è stato un periodo in cui ho lavorato come fonico in uno studio, tralasciando un po’ la mia musica. Ho preferito concentrarmi su altro e imparare un mestiere. In quell’occasione ho avuto la fortuna di incontrare diverse realtà, parlando con musicisti e addetti ai lavori. Tutto questo percorso di studio mi ha influenzato in maniera positiva e forse anche per questo ho sentito l’esigenza di cambiare e virare verso altre sonorità avvicinandomi alla musica che faccio oggi.

Un altro momento fondamentale è l’incontro con Mirko Mangano, il mio socio artistico. Lui mi ha permesso di allargare la visione su tanti aspetti musicali, a partire dalla produzione, ma anche per gli ascolti.

Può sembrare banale, ma anche crescere ti porta a considerare certe cose in maniera diversa e a ritrovarti in sonorità che fino a poco prima sentivi estranee.»

Oggi come definisci la tua musica?

«La mia musica è originale, nel senso che cerco sempre di mantenere un grado di novità in tutto quello che dico. Ormai nel 2021 è già stato detto un po’ tutto, ma secondo me è giusto conservare un modo personale di esprimere certi concetti, ma senza mai allontanarsi dalla verità.

Io credo che la verità si percepisca sempre nei brani e perciò è importante parlare di ciò che vivi, hai vissuto o che hai visto. È quello che cerco anche da ascoltatore perchè il messaggio mi arriva in maniera più diretta.

È poi quello che faccio quando scrivo e compongo la mia musica.»

Maurizio “Rusty” Rugginenti e Fabrizio Barbacci. Due nomi che hanno segnato il tuo percorso. Qual è il loro merito riguardo il tuo cammino artistico?

«Sono fortunato ad aver collaborato con entrambi. Con Rusty è una collaborazione che prosegue, mentre con Barbacci ho lavorato solo per un periodo.

Fabrizio Barbacci è il professionista che ci si aspetta e ho riconosciuto in lui questa qualità fin dal primo incontro.

Con Rusty ho avuto la possibilità di condividere più cose del mio percorso. Per esempio l’esperienza ad Area Sanremo e altre situazioni che hanno fatto sì che il rapporto andasse al di là della sfera prettamente professionale. Sono molto contento di lavorare con lui perchè è una persona che quando crede in un progetto va fino in fondo. Lui ha fiducia in me, nella mia penna e la stima si rinnova ogni giorno. Questo me lo dimostra sempre e gliene sono grato. Abbiamo una fiducia reciproca che ci guida ogni giorno.»

Sui social hai scritto “Kilometri celebra l’amore vivo”. Cosa intendi?

«Sui social mi diverto a essere un po’ pungente, senza comunque voler male a nessuno. Sono un mega ammiratore della canzone sugli amori finiti, ma riconosco che oggi è più semplice sentir cantare di relazioni che si concludono male e si ha il rimpianto di quello che è stato.

Trovo sia sempre più difficile trovare canzoni che parlano di un amore attuale, presente, vero e vivo. ‘Kilometri‘ celebra un amore che vive e lo fa nella maniera più semplice, ma dando importanza al fatto che un sentimento c’è e si nutre ogni giorno. Non canto un amore finito, ma celebro qualcosa che c’è ed esiste.»

Ora a cosa stai lavorando?

«Cerco sempre di ascoltare molta musica, nel senso che mi piace vivere la dimensione da ascoltatore. L’idea è quella di raccogliere gli ultimi singoli e quelli che usciranno e farne un album, inserendo magari anche qualche inedito. La speranza è quella di poter tornare a suonare dal vivo quanto prima.

Noi cerchiamo di tenerci sempre pronti provando con il gruppo a cadenza regolare. Per far uscire l’album aspettiamo che la situazione migliori e che si possa presentarlo live. Un album non presentato in un concerto per me rappresenta un lavoro a metà, un’occasione mancata.»

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