GionnyScandal è tornato, senza paura, ma con la consapevolezza di chi sa che ogni nuova strada comporta rischi e soddisfazioni. Il 7 maggio uscirà il nuovo album “Anti”

La forza e il coraggio di cambiare pur restando sé stessi. Così si può riassumere il nuovo percorso musicale di GionnyScandal, che venerdì 7 maggio pubblicherà per Virgin Records in formato fisico e digitale l’album “Anti“, progetto che arriva due anni dopo Black Mood.
Un disco che si contraddistingue per sonorità pop punk, con un approccio musicale decisamente differente rispetto al passato e dove l’emo trap lascia spazio a una strada diversa, ma comunque credibile e che assume valore fin dalla copertina.
“Anti” è un progetto che si pone come un’esortazione a essere liberi, a credere nella forza della musica per veicolare un messaggio.

Intervista a GionnyScandal
La prima traccia, ricca di chitarre distorte, è “Che ne sai te”. Parti subito cantando “Faccio quello che detesti” e inneggi alla libertà di essere come si vuole. Descrivici come sarebbe il tuo mondo perfetto.
«Il mio mondo perfetto sarebbe anche come è ora, però magari senza un paio di cose. Tipo i pregiudizi e alcune persone che leverei completamente. Non mi riferisco a personaggi pubblici, ma a soggetti che, non credendo in me, mi hanno ostacolato e fatto del male.»
In “Giorni tristi” canti: “Tu sei la causa dei miei giorni tristi.” Qui ritornano le tematiche del disco “Emo” e del mood sad. Oltre all’influenza estetica, cos’è rimasto oggi della cultura emo?
«Secondo me l’emo sta tornando insieme al pop punk, perchè nessuno deve avere paura di essere triste.
Anche io sto cercando di sdoganare questo concetto perchè non è che per forza sui social devi far vedere che sei felice a tutti i costi.
Dietro tutte le Instagram Stories che vediamo è impossibile essere sempre e solo felici. La gente si accontenta della finzione, è vero, ma io mi sono stufato.
All’inizio ti fai prendere dalla novità, ma penso che a un certo punto bisogna accontentare la gente se lo fai di mestiere, ma è fondamentale mostrarsi per quello che si è veramente.»
Quale tra le canzoni di “Anti” secondo te è la più rivoluzionaria a livello di tematiche sociali?
«Penso che non ce ne sia una in particolare perchè questo disco è rivoluzionario dall’inizio alla fine. In Italia sono quattro o cinque anni che funziona solo la trap con sempre i soliti dischi che suonano tutti uguali e dicono sempre le stesse cose con le stesse rime e i medesimi flow.
Io non ho fatto questo disco per sentirmi furbo. Penso che “Anti” sia un album rivoluzionario perchè il pop punk è uscito dai radar del mainstream da vent’anni.
Con questo disco vorrei che i ragazzi che mi seguono si avvicinino a uno strumento. Una chitarra o una batteria. Questo è il motivo per cui nella Deluxe Edition ho scelto di inserire un plettro. Questa è anche un’iniziativa sociale, perchè per un ragazzo cosa c’è di più bello di trovarsi e suonare insieme?»
Il fatto che si tratti di un disco rivoluzionario non può essere un boomerang? Non sempre una rivoluzione è compresa subito. Spesso si traccia una strada che con il tempo altri possono seguire.
«Questo disco non l’ho fatto per le classifiche. A parte il fatto che so già che andrà male, si chiama “Anti” perchè è anticommerciale e per centomila altri motivi. Questo non è un disco con quattordici singoli, ma ho scelto di farlo perchè mi andava. Vorrei contribuire a cambiare il mercato musicale e portare il pop punk al livello degli anni 2000, ovviamente con il supporto di social e streaming.
Sarà un boomerang? Sicuramente per il mio portafoglio, però non me ne frega niente. Lo scopo non è fare numeri giganti. Il mio obiettivo è vedere i ragazzini suonare. Voglio che si dica ‘Wow, è tornato il pop punk, voglio farmi una cultura e suonarlo anche io‘. Vorrei sdoganare un messaggio di libertà a 360 gradi.
Ho fatto quello che volevo fare perchè il pop punk è il mio genere preferito e lo suonavo anche da ragazzo, prima di diventare famoso.
È il disco che avrei sempre voluto fare, ma non ne avevo mai avuto il coraggio.
“Anti”, però, porta anche un messaggio che riguarda la sessualità. Io sono etero, ma voglio che ognuno si senta libero di amare chi si vuole, a prescindere dal sesso.»
Parliamo di “Nicotina”, il brano interpretato con Pierre Bouvier. Quanto ti emoziona questa canzone?
«Ogni volta che mi chiedono di Pierre e di questo pezzo vado un po’ in tilt. Ho sempre avuto il suo poster in camera ed è un sogno ospitarlo nel mio disco. L’ho contattato su Instagram, mi ha risposto e collaborare è stato bellissimo. È un feat che nasce dalla stima e voglio sottolineare che per realizzarlo non ho pagato nulla!»
Cosa pensi di avere in comune con il cantante dei Simple Plan?
«Sicuramente la passione per questo genere. Abbiamo circa dieci anni di differenza, ma in comune c’è un grande amore per il pop punk e tutto ciò che ci gira intorno.
Ci siamo conosciuti, abbiamo parlato mille volte, ma a livello caratteriale non so se ci assomigliamo. Mi ha colpito la sua umiltà. Non ha mai parlato di sé stesso.»
Cosa significa questo risultato?
«La sua presenza aggiunge credibilità al progetto. È come produrre un disco lirico con ospite Andrea Bocelli. È un risultato che però parte da lontano. Ho una cultura musicale, so suonare tre strumenti, ho vissuto i momenti magici del pop punk. La gente ora può dire: “In Italia nel 2021 Pierre Bouvier è nel disco di GionnyScandal e Universal ci ha creduto.“. Penso sia questo il traguardo.»
“In questo disco sono finalmente io. Ho raggiunto una nuova maturità e consapevolezza del mio essere artista. Sono libero da ansie, paranoie e inutili paure”. Quali erano queste paranoie e inutili paure?
«Avevo affittato a Milano una casa gigante con tutti i comfort per iniziare il disco nuovo, ma non ero felice. Ogni volta che iniziavamo il lavoro partivano le paranoie. Quello che facevo non mi piaceva più! Dicevo: “Caspita, c’è qualcosa che non va!“.
Non riuscivo più a fare musica e un certo punto il mio producer mi ha consigliato di staccare perchè sarebbe stato inutile lavorare a un disco in questo modo. Lì per lì mi sono arrabbiato, ma aveva ragione.
Non era più nel mio DNA fare un certo tipo di musica. Non mi dava più nessuna soddisfazione. Tornavo a casa ed ero triste, trasmettevo negatività. Mi sono fermato, ho guardato dentro me cercando di capire quello che avrei voluto fare. La risposta è stata pop punk.
Sono stato fortunato perchè lo staff di Virgin mi ha appoggiato. Ci siamo scontrati, ma non così tanto e sicuramente meno di quello che mi sarei atteso. Ne approfitto per ringraziarli. Da una multinazionale che deve fare cassa non mi aspettavo per forza un via libera.»
L’argomento di questi giorni è sicuramente il discorso di Fedez. Come in tutte le cose ci sono stati anche quelli che hanno detto che non era quello il posto giusto dove parlare di certe cose. Tu da che parte stai e qual è il tuo pensiero in merito?
«Partiamo dal presupposto che io e Federico abbiamo litigato anni fa. Detto ciò, io sono dalla sua parte perchè ha fatto quello che avrebbero dovuto fare altri.
Quando hai il coraggio di prendere una posizione del genere al posto di chi dovrebbe farlo, indipendentemente dal tuo lavoro, tu stai dando voce al popolo che non ha i mezzi per far sentire la propria voce.»
Oggi che città è Milano?
«Io la vivo praticamente ogni giorno per lavoro. A me ha un po’ stufato perchè è peggiorata sotto tantissimi punti di vista, ma non se ne può fare a meno. Penso che tutti quelli che vivono a Milano un po’ la odino, ma poi sotto sotto provino amore. Vorrebbero cambiarla, ma sono sicuri che se lo facessero poi non la amerebbero allo stesso modo. Milan l’è semper Milan.»
Domani è la festa della mamma, per te cosa rappresenta?
«Per me la mamma rappresenta qualcosa che io non posso descrivere al 100%, avendo potuto viverla troppo poco. L’amore di una mamma, così come quello di una nonna, è puro, insuperabile.
Trattate bene le vostre mamme e non fate l’errore che ho fatto io. Le ho risposto male e non le ho mai chiesto scusa. Non ne ho più avuto la possibilità.
È normale litigare con la propria madre, ma mettete sempre da parte l’orgoglio. Stringete la lingua in mezzo ai denti e chiedetele scusa il prima possibile.»