E’ uscito il nuovo singolo di Jack Jaselli “Se Non Ora Quando”, che arriva dopo il libro “Torno a casa a piedi”, pubblicato da DeAgostini lo scorso 27 aprile

Se non ora quando è il titolo del nuovo singolo del cantautore Jack Jaselli. Il brano è un inno al presente, in cui si possono scorgere le metafore del viaggio e della partenza. Un modo per sottolineare l’importanza di dare principio a un’idea o ad un percorso.
Il 27 aprile scorso, invece, è uscito per INRI l’EP di dal titolo Torno A Casa A Piedi Sessions che prende il nome dal suo primo libro uscito per DeAgostini. Un volume che è il racconto di quaranta giorni, 800 chilometri, fatti da Jack con la chitarra in spalla, lungo la Via Francigena, da Pavia a Roma.
A chiusura del libro c’è un’appendice che parla del rapporto tra musica e cammino e un QR code con cui si può accedere a una playlist dove, oltre a trovare le canzoni citate nelle pagine, sono presenti tre nuove cover suonate e registrate da Jack e una nuova edizione di un suo brano dal titolo Nonostante tutto.
Jack Jaselli il prossimo 21 giugno suonerà a Milano sui Navigli al Combo. Un’occasione per incontrare il suo pubblico dopo parecchi mesi di stop forzato.
Intervista a Jack Jaselli
Come è nato “Se non ora quando”, il tuo inno alla libertà?
«Il testo del singolo è nato un po’ dagli appunti di viaggio o inizi di testi che avevo scritto durante il tour a piedi del 2019. Avevo qualche stralcio di canzone e quando sono tornato a Milano mi sono incontrato con Dj Aladyn e lui mi ha fatto sentire qualche base strumentale su cui aveva lavorato.
Ne abbiamo selezionata una con dei suoni molto synth pop anni ’80 che mi sapevano di partenza, di viaggio. Ho scritto la melodia e il testo su questa sua strumentale e poi da lì ho voluto suonarci sopra le chitarre, la batterie, fondendo l’elettronica con strumenti più tradizionali e acustici.
È un brano nato da quella sensazione di libertà che si avverte durante il viaggio e che ho provato in quel periodo e dal fatto che ti porta a riflettere su come bisogna sempre approfittare del presente per partire e dare inizio ai progetti che si vogliono seguire.
A maggior ragione con tutto quello che è successo nel mondo l’anno scorso. Abbiamo trascorso un periodo senza poter fare nulla, rimpiangendo i tempi in cui avevamo rinunciato a qualche occasione non capendo l’importanza di tutte le possibilità che ci siamo lasciati sfuggire.»
Nel brano utilizzi la metafora del viaggio. Qual è la fase più difficile di questo percorso?
«Forse quella prima di partire. Tutte le indecisioni prima di intraprendere un certo percorso, metaforico o no. Una volta che si è in strada e si è in viaggio e si è iniziato un percorso ci accorgiamo che siamo in grado di affrontare le difficoltà e gli imprevisti.»
Nel brano canti “lo senti nelle vene, l’importante è partire”. Qual è la destinazione finale?
«Partire significa anche iniziare, cominciare. La destinazione alla fine corrisponde al viaggio stesso. Non ha neanche tanto senso chiederselo.»
Il 27 aprile è uscito il libro “Torno a casa a piedi” accompagnato da un Ep. Quali sono gli spunti che ti ha dato il viaggio da Pavia a Roma?
«Anche in questo caso descrivo un paradosso. In questo percorso la destinazione conta un po’ meno del viaggio stesso. In un tour come quello che ho voluto chiamare “Torno a Casa”, in realtà stavo andando molto lontano da quella che fisicamente era la mia casa. L’idea è che ogni viaggio, ogni esplorazione, ogni ricerca che si fa ci porta un po’ più a casa, un po’ più dove vorremmo essere e dove stiamo meglio. Un po’ più verso noi stessi.»
Dopo aver intrapreso questo viaggio è cambiato il tuo concetto di “Casa”?
«Credo poco ai cambiamenti che si realizzano soltanto dopo un episodio specifico. In realtà molti avvenimenti ed esperienze che noi facciamo, danno inizio a un cambiamento che poi dobbiamo coltivare. I viaggi che ho fatto a piedi mi hanno insegnato tante cose anche sulla lentezza e sull’ascolto.
Quindi sono piccoli momenti in cui tu comprendi qualcosa che sai che serve alla tua vita. Sono iniziati tanti cambiamenti. Piccoli o grandi, ma che poi portano la vita su un piano diverso.»
Qual è stata la difficoltà maggiore confrontandoti con un linguaggio differente come quello della scrittura?
«La difficoltà maggiore è stata tecnica. Essendo abituato a scrivere da sempre in inglese e ad ascoltare quasi sempre il tipo di sonorità che hanno le parole, mi sono accorto ancora di più che le due lingue hanno un sistema di suoni completamente differente.
Cercare di trasporre quelle stesse sonorità, i ritmi e le sfumature in italiano è stato difficile. Il trucco è non cercare di non rifare la stessa cosa, ma trovare una chiave nuova. Il fatto di dover inventare tutto.»
La pandemia quanto ha cambiato il tuo approccio alla musica?
«L’ha cambiato in parte perchè io la musica l’ho sempre vissuta dal vivo. A qualunque costo e in qualunque modo. Ho sempre cercato di andare a suonare con tour organizzati o in situazioni anche più piccole.
I pezzi per me si scrivono per proporli live. Inoltre sono anni in cui tutte le dinamiche all’interno della musica ruotano attorno al live. La musica già stava cambiando prima della pandemia e il cambiamento è proseguito nonostante lo stop dei concerti.
Musicalmente la pandemia non è stata una bella esperienza. Ho scritto, ma non ero per niente stimolato. Quello che ti succede intorno non è quel dolore o quella sofferenza emotiva che poi ti aiuta a scrivere le canzoni, ma una cosa ben più grande e che un po’ ti congela.»
Dopo questo viaggio hai cambiato la tua visione sulla città di Milano?
«Non saprei… In realtà la visione della città in cui vivi un po’ si amplia ogni volta che fai un viaggio. Quando vai in qualsiasi altra città o paese poi confronti con quello dove abiti di solito.
In questo specifico viaggio la grande differenza la fa la possibilità di stare completamente staccati dalla dimensione urbana per molto tempo e poi ritornarci.
Il primo impatto, però, ce l’ho avuto entrando a Roma. Dopo 40 giorni di camminate nei boschi mi sono trovato praticamente in mezzo alle tangenziali per rientrare nella città. In effetti è stato un po’ uno shock!
Milano è la città in cui ho scelto di vivere. L’apprezzo sempre di più. Ha tanti limiti, ma ha soprattutto tanto da offrire. Spero che possa ridare alla musica il posto che si merita.»