Gli Indifferenti è il nuovo singolo de La Scapigliatura. Una sorprendente fotografia della società attuale, presentato a Milano alla Casa degli Artisti.

Il brano anticipa il secondo album in uscita in autunno e racconta la speranza di un mondo più attento al senso delle parole e alle loro conseguenze.
Il brano è ora accompagnato da un videoclip che rende omaggio all’immaginario dei The National, da cui I fratelli Bodini sono stati fortemente influenzati, girando un remake del video di Bloodbuzz Ohio.
La regia di Gianluca Mingotto, che ha già collaborato con la band alla realizzazione del videoclip di Ios Mykonos, ha saputo valorizzare l’ambientazione milanese, giocare con la complicità dei protagonisti, ed esaltare la fotografia in bianco e nero, i giochi di luce, le riflessioni e le rifrazioni, tutti quegli elementi prettamente cinematografici capaci di dare vita l’estetica di un film. La produzione è a cura di Emanuele Notarangelo per Lives.
Intervista a La Scapigliatura
Quale ispirazione ha guidato la scelta sonora?
«Noi utilizziamo il post moderno come metodo creativo, anche perché le superstar ci sono già state e non saremo certo noi a diventare più grandi di loro. Però abbiamo l’opportunità di ascoltare, approfittare della globalizzazione. Il riferimento sono i The National e in particolare il brano Mr. November.
Noi lavoriamo molto sulle sonorità, ci teniamo. Le canzoni sono composte da musica e parole e noi cerchiamo di fare un lavoro deciso su entrambi gli elementi.»
Ascoltando il brano si ha l’impressione che l’album dello scorso anno “Coolturale” sia una transizione.
«Il nostro approccio all’esistenza è in divenire. Questo pezzo prova a descrivere alcune tematiche per noi importanti, come la politica, i nostri rapporti con l’arte e con la musica che ci circonda. È un brano che esprime anche quella malinconia, quella solitudine che tutti un po abbiamo vissuto nell’ultimo anno e mezzo, quando ci siamo trovati improvvisamente chiusi dentro casa nostra. L’ascolto dei The National ci ha dato uno slancio.»
Ci sono più punti in comune con il primo disco.
«È vero, perchè siamo noi. La scrittura del secondo disco è stata influenzata dai live ed è quindi più rock, più elettronico. Il primo è più intimo e nato e inciso in una stanza.»
Quali ascolti vi hanno ispirato durante il periodo del lockdown?
«Ci è piaciuto tantissimo ‘Folklore‘ di Taylor Swift. Pur essendo un’artista molto distante dal nostro mondo ci ha fatto ben sperare. È un disco che ci ha fatto capire che la solitudine prima o poi finirà. Poi stanno uscendo anche dischi molto importanti come quello di Iosonouncane, Rachele Bastreghi. Francesco Bianconi ha fatto un disco molto bello, molto profondo. Abbiamo fatto anche noi una Playlist su Spotify durante il lockdown. Un elenco delle canzoni che accompagnano le nostre giornate e che aggiorniamo costantemente.»

Qual è il vostro punto di vista sulla rivoluzione che sta vivendo la musica italiana?
«‘La rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente!’, così diceva Gaber! Ci sentiamo dei rivoluzionari, ma oltre a noi ce ne sono anche altri. Questa canzone trasmette molto bene la speranza della fine di una solitudine e quindi probabilmente anche di una rivoluzione.
La musica italiana si sta evolvendo. Per capire ciò che accade basta guardare Sanremo. Negli ultimi due o tre anni è molto più simile ad altri Festival. Anche il mondo nazionalpopolare si sta accorgendo che le cose cambiano.»
Quindi confermate quello che avete dichiarato qualche tempo fa, ovvero che l’indie non è morto perchè non è mai nato…
«Può darsi. La frase era una provocazione, però indipendente per noi significa esserlo da degli schemi, dai compromessi. Siamo fortunati nel fare musica, anche se siamo ancora distanti dalla meta, avendo ancora tantissimo dare. Ma non scendiamo a compromessi. Le nostre canzoni nascono con l’esigenza di comunicare quello che sentiamo, senza troppe sovrastrutture!»
Per il secondo album avete aspettato parecchio, mentre ora è già uscito il nuovo singolo. Come mai?
«Ognuno ha il proprio metodo. Noi ci prendiamo il giusto tempo, senza seguire logiche e tempi della discografia. A volte prendere tempo ha senso perché poi si sente che il lavoro è diverso, più curato. A prescindere da ciò siamo carichi e speriamo di far uscire a breve un nuovo album.»