LaFil – Filarmonica di Milano diretta dal Maestro Marco Seco, torna a suonare dal vivo con una tournée di cinque concerti in programma nel mese di luglio. La data di apertura si terrà il prossimo 8 luglio a City Life

Che concerto state preparando per l’occasione?
«L’intenzione è quella di riportare la musica alle orecchie e ai cuori di tutti, perchè si tratta di una ripartenza dopo un lungo periodo di stop forzato. Le restrizioni ci chiedono di suonare all’aperto per poter ospitare più persone. Abbiamo scelto di rappresentare Beethoven perchè le sue opere sono universali, trovandoci in un parco l’obiettivo è quello di catturare l’attenzione di quanti più passanti possibili».
Che sapore ha per voi musicisti questo ritorno dal vivo?
«Sono stati mesi difficili per tutti, per noi musicisti ha un sapore particolare, perchè stando fermi abbiamo sofferto tantissimo questo periodo. Questa è l’opportunità per tornare finalmente a dialogare con il pubblico attraverso il palcoscenico, perchè tutti gli esperimenti che sono stati fatti in streaming nel corso dei mesi si sono rivelati utili ma poco emozionanti. Certe vibrazioni si comunicano solo dal vivo, per cui è una grande gioia poter ritornare».
CityLife è una location unica, perchè coniuga il progresso con la natura. Ti affascina l’idea di suonare in un posto del genere?
«Sì, perchè è evidente che ci troviamo alle porte di un momento di trasformazione, al di là del Covid. In generale, siamo di fronte a cambiamenti importanti che riguardano l’ecologia e la sostenibilità ambientale. CityLife è sicuramente un esempio, mi piace pensare che anche il nostro settore possa contribuire culturalmente in favore di questo cambiamento, per concepire tutti insieme un’esperienza importante, un nuovo modo di vivere la città».
LaFil è un progetto che nasce tre anni fa, con quali propositi e con quali obiettivi?
«Nasce fondamentalmente con due obiettivi: cercare di restituire un po’ di linfa al settore musicale che sta vivendo un momento complesso, attraverso un progetto elastico che potesse contribuire a trovare meccanismi e sistemi diversi, oltre alla voglia di cercare di dare una possibilità ai tanti giovani musicisti che hanno bisogno di un futuro, una sorta di stabilità di passaggio con un’esperienza che può solo fortificarli a livello professionale».
Ezio Bosso diceva che “la musica si fa insieme”, la pensi anche tu in questo modo?
«Assolutamente sì, questa è la prima cosa che ci insegna la musica. A proposito di citazioni, Claudio Abbado diceva che questa forma d’arte serve per ascoltarci. Il confronto con noi stessi e con gli altri ci aiuta ad avere un punto di partenza molto più solido».
Al di là della tecnica, della disciplina e del metodo, cosa è in grado di insegnare la musica?
«Credo che possa insegnare a tutti, musicisti e non, di ascoltare di più il nostro spirito. Siamo ormai abituati a fare un sacco di cose, forse ci manca fermarci un momento a dialogare con noi stessi, concentrarci su ciò che a volte non consideriamo. La musica fa questo, perchè da forma alle cose che non vediamo».