E’ uscito “Milano Soprano”, il nuovo album di Don Joe. Un progetto nato per celebrare la città meneghina al quale hanno preso parte altri 24 artisti.

Milano Soprano (Columbia Records / Sony Music Italy) è il titolo del nuovo album di Don Joe. Un disco composto da 16 tracce, tra cui 5 skit. Un progetto speciale in cui il producer ha deciso di mettere insieme su ogni traccia artisti che non avevano mai collaborato tra loro. Un gruppo di amici rappresentanti di diverse generazioni, ma che hanno sviluppato il loro percorso artistico all’ombra della Madonnina.
Una celebrazione di una carriera vissuta in prima persona, pur senza apparire troppo spesso.
Questa la tracklist.
- Big Checks Feat Jake La Furia, Shiva
- Don Joe – Tutto (skit)
- Desert Eagle Feat Guè Pequeno, Sacky
- Kandinsky Feat Ernia, Rose Villain
- Don Joe – Ratatata (skit)
- Bandito Feat Emis Killa, Paky
- Dogo Gang Bang Feat Caneda, Ted Bee, Vincenzo Da Via Anfossi, Montenero, Emi Lo Zio
- Guerriero Feat Marracash, Venerus
- Don Joe – “Condanna” (skit)
- Banlieue Feat 167 Gang
- Giungla Feat Philip, Il Ghost
- Don Joe – Scommessa (skit)
- Prima O Poi Feat Jack The Smoker, Silent Bob
- Piccolo Principe Feat Massimo Pericolo, Nerissima Serpe
- Jackpot Feat J-Ax, Coma_Cose, Myss Keta
- Don Joe – “Orizzonte” (skit)

Intervista a Don Joe
Quando hai deciso di omaggiare Milano con un disco completo?
«Milano è la città da cui sono partito. Mi è sembrato importante omaggiarla nonostante io arrivi dalla provincia. Ho sempre considerato Milano come un goal per la mia carriera. Arrivarci era un traguardo incredibile, ma fortunatamente sono andato anche oltre. Il disco parla concettualmente proprio dall’idea di partire dalla provincia per arrivare al centro ed essere importanti per la propria città. Molti artisti che sono presenti in questo disco non arrivano da Milano centro, ma il loro core musicale è proprio qui. Tutti hanno dovuto combattere per conquistare la città, come di solito succede a chi arriva da fuori.»
“Milano Soprano è uno stile di vita senza confini”. Cosa significa?
«Si tratta di un’affermazione legata all’idea che Milano è il punto d’arrivo più alto possibile. Un soprano è quel cantante che arriva più in alto di tutti e nell’immaginario la parola ricorda anche i Boss, coloro che tirano le fila e prendono le decisioni. Nell’affermazione riprendo anche l’idea di uno stile di vita superiore. Le persone che sono presenti nel disco sono sicuramente artisti che hanno rappresentato o che stanno rappresentando qualcosa di grande per la città.»
Nel disco ci sono collaborazioni inedite e colpisce l’unità di intenti di entità artistiche distanti anche dal punto di vista anagrafico. Qual è il segreto per un featuring che funziona?
«Per questo progetto volevo proprio mettere a confronto le due generazioni che spesso non sono molto vicine, anzi. È stata una bella scommessa, ma in realtà credo che il risultato sia stato ottimo. Ho lavorato con i vecchi amici di sempre, ma anche con altri con cui non avevo mai collaborato. Ho creato delle coppie di artisti che mai si erano trovati in studio. Devo dire che abbiamo centrato quello che volevo, mettere insieme persone e artisti che fossero distanti non solo come generazioni, ma anche come sound. Per questo nel disco ci sono pezzi molto trasversali.
Alcune cose sono di rap classico e altre hanno riferimenti temporali e musicali differenti. Mi è piaciuto sperimentare e quando posso cerco di farlo. Questo è un disco con pochi pezzi, ci sono tanti skit, ma i brani solo solo 11. E’ una scelta per non stancare troppo l’orecchio. Non mi piacciono i dischi lunghi, nel rap mi stancano.»
La scelta di aprire la tracklist con “Big Checks” non mi sembra casuale.
«Anzi, sono partito proprio con un brano che è un tributo all’hip hop. Per ‘Big Checks‘ ho utilizzato lo stesso sample di Dj Premier che già aveva usato Nas in ‘Represent‘. Un modo per rappresentare Milano fin dalla prima traccia e mettere subito le cose in chiaro.»
“Kandinksy” è uno dei pezzi in assoluto più forti e con versi davvero speciali. Per te cosa rappresenta?
«L’idea di partenza è quella di prendere un classico del passato della house e riportarlo ai giorni nostri con due artisti molto importanti, non solo per liriche, ma anche per il momento storico. Rose è ancora alle prime armi, ma Ernia ha dimostrato di essere un artista potente.»
Quanto c’è di vero nel testo di “Bandito”?
«Emis Killa e Paky sanno bene di cosa parlano in questo brano! Probabilmente se non avessero fatto i rapper… sarebbero diventati banditi! Molti degli artisti che fanno rap partono da un passato abbastanza burrascoso per poi farcela nella vita grazie alla musica.»
Come descriveresti oggi la Milano musicale?
«Milano è sempre stato un punto nevralgico per la musica. Un incontro di più generazioni e soprattutto una città multirazziale. Nell’album cerco l’incontro di più etnie. Il rap non è culturalmente nostro, arriva dalla cultura afro-americana ed è stato fatto nostro da chi lo ha iniziato nella nostra città. Per esempio Il Ghost è di origine albanese. Ci sono ragazzi milanesi a tutti gli effetti, ma con origini di un altro paese. Milano è sempre stata così.»
Da qualche anno il rap guida le classifiche. Qual è stato secondo te il punto di svolta che ha portato a questa rivoluzione?
«Quando uscì PES dei Club Dogo si avvertiva una prima volontà di trovare nuovi spazi. Per me questo è un punto di svolta, ma la vera rivoluzione è avvenuta successivamente, in particolare nel 2016. Quello è il momento in cui il rap si è presentato forte ovunque. Sono arrivati artisti che hanno ottenuto successo trovando una nuova chiave. Sono passati 5, 6 anni, ma quelli che hanno fatto grande il rap, come Ernia, in questo momento sono gli artisti di punta della scena.»
Foto di Antonio De Masi