Carmen Consoli riparte dalle sue origini, dal destinerio ostinato e controtendenza di fare la musicista e di seguire il proprio talento anche grazie alla sua famiglia di “sognatori”. Ne ha parlato in maniera estremamente approfondita durante la conferenza stampa di presentazione del suo nono album in studio, “Volevo fare la rockstar“, uscito oggi per Narciso Records/Universal Music Italia.
Il tema principale del disco è chiaramente il sogno in ogni sua parte, pronto per essere custodito e coltivato, ricercato ed ascoltato con la consapevolezza di evadere dalla realtà per costruire il proprio destino. Un sogno può rappresentare ancheun piccolo seme che germoglia diventando desiderio e il desiderio spinge a cercare le risorse e l’energia per poterlo trasformare in progetto e per mettere in piedi le azioni necessarie a realizzarlo.

Su “Volevo fare la rockstar”, title track del disco: “Ho voluto mettermi al centro della canzone. Raccontare i miei ricordi nel dettaglio. Sono una mancina corretta, non potevo scrivere con la sinistra da piccola. La foto di copertina del disco mi raffigura con in mano una penna smangiucchiata, perchè dover fare la cosa giusta mi rendeva nervosa.
Tutto inizia dalla scuola e dai miei piccoli sogni. In Italia stava succedendo qualcosa e nella mia famiglia due parti diverse convivevano in armonia: la famiglia veneta di mamma e quella siciliana di papà.
Anche nei gusti e nei sapori di casa ho vissuto l’unione delle due Italie. Il suo risultato credo proprio che sia una storia d’amore riuscitissima tra le due parti.
Sognavo costantemente ad occhi aperti per evadere la realtà. Creavo band, complessi, mi immaginavo cosa avrebbe significato stare su un palco. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di sognatori. Sognare ad occhi aperti in casa non era un delitto. Il sogno è diventato un desiderio e poi un progetto. Sapevo cosa volevo fare e come.”
Nel passato ritroviamo la nostra identità, chi siamo e cosa vogliamo diventare (come canta Carmen in “L’aquilone“); nel nostro presente cerchiamo “l’impegno e la coerenza” (“Armonie numeriche“) per riuscire a realizzare quei progetti, mentre la visione del futuro muove le azioni e i cuori (“Imparare dagli alberi a camminare“).
Sul brano “L’aquilone”:
“Nel pezzo dico che siamo “anime in carriera” perché abbiamo la fissa di avere una buona posizione sociale, di guadagnare discretamente per vivere e così via. Trattiamo le persone come se fossero dei dispositivi elettronici. Perdiamo e revisionismo la memoria continuamente.
Un fatto viene smentito dai social network, da diverse opinioni e la nostra anima deve essere sempre prestante. Così non abbiamo tempo per raggiungere ciò che vogliamo. Dobbiamo essere ciò che gli altri vogliono vedere in noi. Abbiamo dimenticato che per essere al passo con i tempi e per realizzare a tutti i costi i nostri desideri, ci siamo persi.“
“Volevo fare la rockstar” è anche un album ricco di immagini fiabesche ed oniriche. Si parla di maghi, di uomo nero, del “chiarore della luna e delle favole” (“Le cose di sempre“), di astri e di pianeti (“Sta succedendo“). Questo immaginario diventa così un invito a “respirare col cuore”, (“Una domenica al mare“), a trovare la parte più autentica di sé, oltre le convenzioni e le aspettative sociali, prendendo piede senza calpelstare e dando risalto alla propria voce.
Altro tema che ricorre nel disco è il timore – espresso spesso con ironia – che si possano riaffermare la logica della sopraffazione, il sovranismo, il negazionismo, con conseguente corollario linguistico di luoghi comuni e frasi fatte. Questo timore è espresso in “Mago Magone“, una figura che legge i tarocchi e che nel giro di poco tempo diventa un DJ che comanda tutto e tutti, senza distinzione, e si fa seguire dalle masse, le soggioga, le spinge a pensarla allo stesso modo.
“Il protagonista della canzone arriva in città con un sacco pieno di magie e di prodigi. Incomincia ad attirare i suoi abitanti perché sa quali siano i loro tasti dolenti (la paura, l’idea del nemico). I suoi mezzi? Le carrte e i tarocchi. Volevo dare tutti i ‘mezzi’ possibili ed immaginabili a questo finto Messia che arriva. Per lui l’importante è il raggiungimento del successo, essere necessariamente una Rockstar.“
Carmen Consoli ha aggiunto che nella composizione di questo album si è sentita libera come quando ha scritto il suo debutto Due parole (1996). Il tempo trascorso in studio di registrazione con il produttore Roccaforte e il fonico Toni Carbone, ha fatto sì che potessero sperimentare a cavallo tra i suoni e le liriche scritte dalla stessa Carmen, fino a quando il risultato non è stato pienamente soddisfacente.
“Volevo fare la rockstar” è album curato, dagli arrangiamenti poetici e raffinati, capaci di toccare le corde del cuore dell’ascoltatore e di graffiarle al tempo stesso. Inoltre, si propone come un disco d’altri tempi, a partire dai riff di chitarra e dai suoi suoni caldi e avvolgenti, che strizzano l’occhio al Motown e al cantautorato tradizionale degli anni ’60.