Piove. Piove forte a Viale Mazzini. E per quanto si cerchino scuse o ragioni alla base del tracollo, la frittata ormai è fatta. Il super show della domenica sera, il tanto atteso debutto di Alessandro Cattelan su Raiuno insieme alla ricerca di nuovi linguaggi e del target giovane per la rete, si schiantano contro un’ implacabile verità: in televisione decide il pubblico, ed il pubblico ha detto NO.

La prima puntata del programma DA GRANDE, costata alla rete investimenti importanti, ottiene solo il 12.67% di share. Peggio di cosi’ in prima serata, deve essere riuscito recentemente solo Alberto Matano. Eppure gli ingredienti per fare della buona televisione c’erano tutti: un validissimo e spigliato conduttore, grandi ospiti (che quasi nemmeno a Sanremo), una scenografia ampia e curata, l’orchestra dal vivo e persino un corpo di ballo importante. E allora, cosa non ha funzionato?

Per spiegarlo in maniera semplice, ci sia concesso un paragone con la cucina. Tutti noi nelle nostre case abbiamo delle uova, ma quando è Carlo Cracco a cucinarle, vengono decisamente piu’ buone delle nostre. Gli ingredienti sono gli stessi, ma è il modo di cucinarle che fa la differenza. E qui Raiuno e Freemantle, la produzione esterna a cui lo show è affidato, hanno imbandito una padella senza burro, che ha finito per bruciare tutto. A cominciare da Alessandro, la star del programma, che diciamolo subito è un ragazzo spigliato, educato e pieno di oggettivo potenziale. Ma che purtroppo per lui, possiede anche due difetti enormi, che stridono inesorabilmente con l’Abc della televisione generalista: è egocentrico e per nulla empatico. E in questo si, avrebbero dovuto aiutarlo ed indirizzarlo correttamente.

Alessandro manca del sorriso, del calore, della simpatia naturale e della semplicità da “amico della gente”: doti imprescindibili per chiunque voglia farsi aprire la porta di casa, dallo spettatore medio. Alessandro poi ama stare al centro della scena e questo è l’altro vero problema: lui non vuole fare il conduttore, lui vuol essere il perno dello show, la stella incontrastata. Ed eccolo che spinto dal fatto di essere ideatore e autore del suo programma (a chi è saltato in mente di affidargli tutto, alla prima esperienza in Rai?) Cattelan fuori controllo, decide di cantare senza essere un cantante, ballare senza sapersi muovere, fare monologhi senza essere un valido monologhista e dividere la scena con i suoi grandi ospiti, spostando continuamente l’attenzione su di lui. Ci riesce persino nell’omaggio a Raffaella Carrà, in cui chiedendo un minuto di silenzio al pubblico per ricordarla, rimane al centro della scena, in posa, con lo spotlight puntato su di lui.

Peggiora quando introduce l’omaggio a Raffaella targato Elodie, in cui entra in scena scimmiottando i ballerini, pur di stare al fianco dell’ospite. Cade di stile quando presentando Bonolis dice “io presentavo con un pupazzo esattamente come lui” (e lo spettatore a casa risponde: e chissene frega ). E’ irrecuperabile infine, quando durante l’esibizione di Blanco si collega in diretta sulla sua pagina Instagram (anziché su quella di Raiuno) e inquadra se stesso, al posto del cantante in scena. E pensare che avrebbe potuto fare semplicemente il conduttore, cavandosela magistralmente perché ha talento e questo nessuno lo discute. Ma i problemi non sono finiti e non possono essere attribuiti solo ad Alessandro Cattelan.

C’erano una volta gli autori: quelli che scrivevano il programma e tiravano fuori idee valide per intrattenere il pubblico. E poi ci sono gli autori di Cattelan (incluso se stesso) che prendono la scorciatoia realizzando uno spettacolo di fanta televisione alla Mika, che nemmeno Ivan Cotroneo, coraggioso autore “queer pop” di questi tempi, avrebbe mai avuto il coraggio di scrivere. Perché almeno Cotroneo scrive con poesia e col retrogusto di un sogno. Gli autori di Cattelan invece, scrivono per il loro Commander in Chief, il loro Alessandro Presidente che tutto puo’ e nulla teme. E scivolano da soli creando una copia allungata del precedente “EPCC” di SKY che su Raiuno, e lo sapevano perfettamente anche prima di andare in onda, non avrebbe mai funzionato. Fa sorridere che nei primi minuti del programma le uniche due gemme di scrittura perfettamente riuscite e godibili, siano proprio quelle che indicano il presagio di un flop. Come l’incontro con Carlo Conti che gli ricorda di non puntare su stranieri alla Dua Lipa, perché il pubblico di Raiuno vuole Orietta Berti (e Cattelan chiama il Volo per ballare come i BTS, pensando che la signora Maria sappia cosa sia il fenomeno K POP). O Come la sigla che, vicina ai tormentoni trash di un capolavoro simile che fu solo “Forte Forte Forte”, ricorda ad Alessandro che questa è la Rai e dovrebbe fare un quiz per ottenere qualche risultato. E lui sicuro invece di poter fare cio’ che vuole, risponde ironizzando che non sa dove posizionarsi tra la generazione di Raiuno e quella di Tik Tok. La risposta è arrivata dal pubblico, caro Alessandro. Chiara e forte. A casa per ora…la tua.