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VERONICA VITALE: “ESSERE ITALIANA MI HA DATO UNA MARCIA IN PIÙ NEL MONDO”

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VERONICA VITALE I-VEE è un’artista e produttrice musicale d’avanguardia che ha conquistato gli Stati Uniti con la sua arte. Transparent è il titolo del suo nuovo singolo, disponibile su tutte le piattaforme digitali.

Parlaci del tuo singolo “Transparent”.

“Quando si ascolta questo brano non si sta in realtà ascoltando una canzone ma una sequenza. Lo ho composto seguendo la “frequenza della guarigione”. Quando ho cominciato la composizione ho ripensato alle mie ombre più scure, tra cui il bullismo che ho subito all’età di 11 anni… Ho voluto dedicare questo brano ad una lotta importante e forse un po’ sottovalutata”.

In Italia non viene dato tanto peso al tema della salute mentale, cosa che invece viene sensibilizzata molto in America e in Inghilterra.

“È vero. Noi tra il 2015 e il 2017 siamo stati nelle scuole americane per incontrare gli studenti e parlare non solo di musica, ma anche di temi importanti, tra cui la salute mentale. Molte persone non comprendono questo disagio, spesso lo considerano solo come una lamentela. Noi artisti possiamo diventare la voce di queste persone e dei disagi che spesso, agli occhi degli altri, diventano invisibili”.

Affacciarsi all’industria musicale americana è una scelta coraggiosa… Cosa ti ha spinto a provarci?

“In Italia, per essere ascoltati dalle case discografiche, erano rimasti solo i talent show. Nel 2010, piuttosto che aderire a quel sistema, ho voluto provare altrove. Negli Stati Uniti i grandi talenti escono dagli scantinati delle loro case, non da competizioni “immaginarie”. Io volevo un confronto reale, meritocratico… Nel 2011 infatti ho firmato il mio primo contratto in Germania, ho scalato le classifiche delle vendite e poi, dal 2013, mi sono spostata negli Stati Uniti”.

Qual è stato il momento, nel corso della tua carriera, in cui ti sei resa conto di aver preso la strada giusta?

“Negli Stati Uniti noi non ci fermiamo mai! Anche nel momento in cui raggiungi il successo continui a correre, senza pause. Nel 2016 ho incontrato il papà di Michael Jackson. Quando ha ascoltato il pezzo che ho scritto per Bootsy Collins (star del funk americano) mi disse: “Io non penserei mai che questo pezzo sia stato scritto da un’Italiana”. Per me quello è stato grande motivo di orgoglio!”.

Viene difficile incasellare il genere che fai da artista. Tu però sei una delle fondatrici del manifesto del fluid/liquid pop. Come lo definiresti?

“È difficile paragonare e comprendere questo genere in realtà perché non è mai esistito. Per definirlo penso a una cosa molto cinematografica, io vedo la musica come musica filmica. Questo genere di colonna sonora che si trasforma come se lo facesse un alchimista. Io amo essere l’alchimista della musica! Da un’esperienza completa della musica (cinematografica) ti porto verso qualcosa di più popolare, pop. La musica liquida vive proprio in quel particolare rapporto tra la cinematografia, l’acustica, l’analogico e il digitale elettronico. Ti incontri con la generazione futura che sarà e crei una trama che rispecchia anche la generazione passata”.

Nonostante tu abbia sviluppato una carriera all’estero, l’Italia cosa ti dà a livello artistico?

“L’Italia mi dà da sempre qualcosa di meraviglioso! Essere nata in Italia mi ha dato una marcia in più nel mondo. Essere italiana è una nota d’orgoglio, se non lo fossi stata non avrei avuto esuberanza e cultura. Artisticamente mi aspetto tanto dall’Italia, perché è casa mia. Spero che la mia storia, così come quella di tanti altri artisti internazionali che non sono conosciuti in Italia, venga ascoltata!”.

Hai dei progetti per l’Italia?

“Ci sto pensando, ci sto lavorando. Ho appena concluso un’antologia di colonne sonora che si chiama “La Teoria di Tutti i Colori”… Per quanto riguarda l’Italia sogno di duettare con qualche artista italiano. Amo Tiziano Ferro, che abita a Los Angeles, magari scendo per strada e lo incontro per caso!”. (ride ndr)

Sei anche conosciuta come “Warrior of Light”

!Guerriero della luce, come il libro di Paulo Coelho. Non c’è libro al mondo che possa descrivermi meglio di quello. Tutta la mia storia è una lunga lotta contro le ombre e contro l’oscurità, con avanti sempre una luce che, magari può sembrare minuscola, ma è abbastanza per sconfiggere l’oscurità. È un percorso fatto di speranza che spero di poter comunicare a chi mi ascolta. Anche l’arcobaleno sulla mia frangetta riprende questa luce! In quello ho raccolto la storia di tutte quelle persone “Outsider”, emarginate. Spero di poterle raccogliere tutte sotto un’ala protettiva così come la musica ha protetto me”.

All’inizio della pandemia hai fondato Artist United

“È un’associazione non-profit e per me una grande emozione, quando ci penso mi sembra ancora incredibile. L’associazione è nata con la preghiera per l’umanità, dopodiché ho deciso di invitare tutti gli artisti del mondo (a prescindere dal loro livello di fama) ad unirsi in preghiera per una speranza più grande ed un credo universale. La cosa più bella è aver unito artisti dell’Afghanistan, Iraq, Iran e Pakistan che, per quanto riguarda il loro credo, sono in guerra. Nella nostra canzone rimangono invece uniti come cittadini del mondo”.

Cosa dovremo aspettarci da te e dalla tua musica prossimamente?

Di entrare dentro la mente di qualcuno che pensa fuori dagli schemi, come dice il titolo dell’album “Inside the Outsider”. Ci saranno tanti bei duetti e un genere musicale molto particolare ma non d’élite. Si andranno a sollevare l’italiano alla pari dell’inglese, perché l’italiano per me è la lingua della musica… Siamo noi i creatori del bel canto!”.

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