I Maneskin sono l’esempio perfetto per i giovani talenti che vogliono intraprendere il mestiere dell’artista. Carichi di energia, belli e consapevoli di dove sono. La loro vittoria alla 71esima edizione del Festival di Sanremo non è un caso, ma il frutto di un ottimo lavoro di squadra.

Il tempo è un giudice straordinario, laddove la televisione generalista vi ha tolto una vittoria che sembrava scontata nel 2017 ad Xfactor, vi ha ripagato con gli interessi in questo Festival di Sanremo. Ci avete pensato?
<<Si, infatti anche per questo è stata una cosa assurda perché eravamo consapevoli che a Sanremo solitamente non c’è questo genere di musica che abbiamo portato, non ci aspettavamo che il pubblico potesse apprezzare così tanto e subito tutto questo.>>
Quindi siete arrivati senza aspettative?
<<Si non ci eravamo fatti aspettative di nessun tipo perché eravamo consapevoli di questa cosa e abbiamo avuto una bellissima sorpresa l’ultima sera>>
Maneskin, quanto siete cambiati da quella finale in cui cantavate con James Arthur?
<< Tanto e poco nello stesso tempo, fra di noi ci siamo molto equilibrati e siamo maturati, siamo proprio più adulti, evolvendoci e mantenendo il nostro stile>>
Il nuovo album è stato registrato in presa diretta, rimandando alle atmosfere analogiche dei bootleg anni ’70, un approccio all’album da sala prove, che suona sporco. Perché questa scelta?
<< L’approccio live è la cosa che più fa per noi e più ci rappresenta, il momento in cui ci sentiamo più liberi. Quando abbiamo fatto il primo album eravamo proprio piccoli, non avevamo neanche contemplato tutte le varie ipotesi e modi per registrare, ci siamo ritrovati catapultati in questo mondo a fare questo mestiere in un’età molto giovane>>
Tutto fatto sull’onda dell’entusiasmo?
<< Si, super euforici per ogni cosa, eravamo felici e magari su alcune cose non sapevamo neanche che ci fossero varie opzioni, scelte e risultati. In questi anni ognuno di noi ha lavorato molto sul suono, anche con i nostri insegnanti dello strumento iniziando a capirne di più a livello tecnico, di amplificatori, pedali strumenti, strumentazioni, tipi di registrazioni, microfoni e via dicendo, qual era la cosa che più faceva per noi>>
E ora avete raggiunto il suono che volevate?
<<Sai, noi alla fine siamo solo in tre a suonare, quindi è una cosa molto scarna, e ciò che fa davvero la differenza è proprio la coesione tra quei tre strumenti e l’energia con la quale si registra, che ovviamente essendo tutti quanti separati un po’ viene persa. Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di registrarlo in questa maniera un pò cruda, facendo sentire quello che è l’impatto live come se effettivamente una persona fosse in saletta a sentirci provare>>
Anche la voce è registrata in stile live
<<Esatto, noi volevamo proprio che il disco non cambiasse, sulla voce ho fatto poche doppie, non ci sono doppie voci, non ci sono momenti con molte voci, perché anche vocalmente vogliamo proprio traslare il disco live, non vogliamo che sia una cosa completamente diversa, vogliamo portare su palco la stessa cosa>>
Entriamo nel disco, <<Coraline>> inizia con un arpeggio che ricorda “Bocca di Rosa”, poi si trasforma in rock anni ’90 tipo Verdena. In tutto questo, chi è Coreline ?
<< Ci sta tutto quello che hai detto allora, diciamo che in questo caso è proprio soltanto un modo per aver un personaggio, non è musicale, ed è un modo per parlare di altre cose>>
Una storia senza lieto fine?
<< Non c’è il lieto fine purtroppo, l’uomo in questo caso è uno spettatore che vive un pò passivamente quello che sta succedendo perché non può fare nulla, è un po’ la descrizione dell’appassimento di questa vita per colpa di questo mondo all’esterno>>
<<Lividi sui gomiti>> mi ha ricordato i Linea 77. E’ una canzone di denuncia contro un potere che reprime la crescita personale e che ci vuole tutti uguali?
<<Si anche, non c’è mai un bersaglio vero e proprio quando facciamo questi pezzi che hanno questo senso di denuncia, non è un attacco ai poteri forti o qualcosa di aulico. E’ una traslazione di esperienze nostre, un modo di raccontare quello che viviamo e che percepiamo.>>
Raccontando?
<< E’ anche un modo per portare alla luce tutta quella che è la parte negativa di quello che è oggi il successo, fatto depressioni, giudizi, di gente che cerca di cambiarti, e che cerca di infilarti in posti non tuoi. In questo testo in articolare è proprio una spiegazione di come noi la viviamo, del fatto che non ci interessa l’ostentazione e via dicendo, che durante il nostro percorso abbiamo vissuto persone che hanno provato ad ostacolarci e via dicendo e quindi è un po’ una risposta a tutto ciò>>
Quanto, gruppi come i Franz Ferdinand e tutta la wave inglese degli anni 2000, vi hanno influenzati? Sembra che vi ispiriate al rock alternativo anni ’90 italiano e al rock inglese degli anni 2000.
<< Un botto, anche se ognuno di noi ovviamente ha molte influenze diverse, sicuramente questi gruppi inglesi New Wave, Franz Ferdinand, Arctic Monkeys e via dicendo, come sound ci hanno influenzato molto. Quando eravamo in Inghilterra che sentivamo mille gruppi così, rock alternativo inglese, quindi eravamo molto influenzati da quella scena e in quel periodo abbiamo scritto alcuni di questi brani che ovviamente hanno quelle sonorità>>
<<In nome del padre>> mi ha ricordato i Rage Against The Machine. Di loro condividete l’attitudine incazzata, però loro portavano tematiche a favore delle minoranze etniche, contro il capitalismo e la globalizzazione. Voi non fate nomi e non denunciate situazioni precise. Vedremo mai un album dei Maneskin più politicamente schierato?
<<Chissà tutto puo essere, adesso stiamo ancora formando quelle che sono le nostre personalità, ora il nostro focus è sulla musica, questo non vuol dire che non ci interessa tutto quel lato o che non si faccia niente, assolutamente. Siamo quattro ragazzi di vent’anni quindi le nostre idee sono in formazione, magari noi quattro abbiamo idee diverse l’uno dall’altro, non vogliamo rischiare di influenzare le persone che ci ascoltano con le nostre idee politiche, le teniamo come una cosa privata e poi ci esponiamo su quello che ad esempio è la discriminazione verso le minoranze, la comunità LGBT, e verso il razzismo.>>
Oggi a vostro parere qual è la dimensione del rock? Il rock può crescere? O rimarrà per sempre congelato nei suoi cliché, perchè fondamentalmente “va bene così”?
<< Sicuramente è assimilabile a mille altre cose, riguarda magari anche gruppi come i Muse che usano invece tantissima strumentazione digitale, sequenze ecc. Questo è semplicemente il nostro orticello, noi facciamo questo tipo di musica perché è il nostro strumento di comunicazione, ci troviamo più a nostro agio e ci soddisfa anche di più fare questo tipo di musica, poi niente toglie che magari domani mattina mi sveglio e imparo a suonare i sintetizzatori e ce li mettiamo dentro, però è sempre tutto frutto di qualcosa che viene dall’interno.>>
Avete avuto riscontro da persone più grandi che vi hanno particolarmente apprezzato?
<<Vasco Rossi, ad esempio (ridono). Sicuramente abbiamo avuto un sacco di riscontri da artisti veramente importanti quindi siamo contenti, a partire da Vasco, ma anche con Manuel Agnelli che ci ha dato la possibilità di condividere la nostra interpretazione di “Amandoti”. Quello che possiamo dirti è che ci siamo sentiti capiti, ed è stato molto gratificante>>
Il diciannove Dicembre ci sarà una data importante, il vostro concerto al Forum di Assago. Con la speranza che tutto possa tornare alla normalità, vi siete emozionati quando è stata annunciata la data?
<< Stiamo cercando di contenere l’entusiasmo perché in caso di annullamento non vogliamo che ci si spezzi il cuore completamente. Stiamo tenendo a bada la cosa, però se si dovesse fare, se tutto andasse come deve andare sarà stupendo ricominciare a suonare.>>
Milano è legata a diversi interessi e ricordi che vi riguardano.
<< Milano, è una città che sicuramente ci ha accolto, ci ha dato tanto amore. Ci sentiamo molto a casa quando siamo li, pur vivendo a Roma la apprezziamo moltissimo>>