Jon Batiste: “We Are” è il suo omaggio personale alla libertà, al coraggio e alla black culture

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A soli 36 anni, Jon Batiste ha la stoffa di un veterano. Lo scorso 4 aprile, all’MGM Grand Garden Arena di Las Vegas, ha portato a casa ben cinque Grammy’s — incluso quello per il miglior album dell’anno (“We Are“) — su 11 nominations.

Crediti foto: Grammy Awards / Instagram

La sua vita è stata segnata dalla musica fin dai suoi primi passi. Nato a Metairie, in Louisiana, in una famiglia che godeva di grande notorietà nel mondo jazz di New Orleans, inizia a suonare le percussioni e la batteria con la band di famiglia, salvo scoprire il pianoforte intorno agli 11 anni. Attivo in campo musicale fin dagli anni ’90, nel suo curriculum Batiste vanta importanti contributi ai progetti di oltre 200 artisti. Per citarne alcuni: Stevie Wonder, Lenny Kravitz, Billy Joel, Prince e Mavis Staples. Nel 2005 fonda la sua jazz band, ribattezzata Stay Human e nell’arco di 17 anni pubblica ben quindici album, compreso il già citato “We Are“.

Un LP composto da 13 tracce nate nei camerini dello storico Ed Sullvan Theater, adibito a studio di registrazione durante le pause dal Late Show With Stephen Colbert, di cui è anche diventato Direttore Musicale. Un disco che invita a prendere coscienza dei cambiamenti che hanno interesato il mondo negli ultimi due anni, scritto proprio a cavallo tra il 2020 e il 2021 e che si colloca tra il movimento Black Lives Matter e le proteste contro la brutalità ingiustificata della polizia statunitense nei confronti degli afro-americani. Ed è proprio la morte di George Floyd ad aver spinto Batiste ad organizzare una marcia pacifica per le vie di New York, la città del melting pot per eccellenza e crocevia di culture, pensieri e riflessioni.

We Are” vuole essere chiaramente un disco sociale, politico, di lotta e di riconoscimento dei diritti che spettano all’essere umano in quanto tale. Un chiaro inno al coraggio, alla speranza, alla libertà e alla resilienza di chi vuole essere in prima linea in questo momento storico, ma anche una risposta alle difficoltà e alle ingiustizie sociali che la black community americana vive in prima persona ogni giorno. Fondendo sonorità jazz, pop, soul, hip-hop, gospel e R&B, il musicista statunitense ha creato il ritratto perfetto di un presente incerto, ma non per questo lasciato a sé stesso, in balia del caos, della pandemia o più recentemente della guerra. Ad impreziosire il progetto ci pensano Zadie Smith, PJ Morton, Trombone Shorty, il Gospel Children Show Choir e la Hot 8 Brass Band.

Tra i traguardi più recenti di Jon Batiste, figurano la vittoria di un Oscar, un Golden Globe, un BAFTA e due NAACP Image Awards per la composizione della colonna sonora del film Pixar “Soul“, grazie anche al contributo prezioso del dynamic duo Trent Reznor e Atticus Ross. Nel 2016, viene inserito nella nota lista di Forbes30 Under 30“. Successivamente, riceve anche un ASCAP Harry Chapin Humanitaria Award, un Movado Future Legend Award e l’American Jazz Museum Lifetime Achievement Award. Dal 2010 è anche il Musical Curator del National Jazz Museum di Harlem, che ne attesa il prezioso contributo e la grande capacità di risconoscere i nomi, i volti e i suoni della cultura afro-americana che meritano di ricevere uno spazio, di essere ascoltati, compresi e accettati.

Un altro progetto di rilievo, sulla scia dell’album di Batiste, è sicuramente “Black Is King“, il musical/visual album realizzato da Beyoncé nel 2020 e attualmente disponibile su Disney+. L’opera fa da supporto ad un altro disco, “The Gift“, realizzato dalla cantautrice taxana per omaggiare la black culture a tutto tondo. Nel film in questione hanno fatto un cameo diversi personaggi dello showbiz, tra cui: il marito Jay-Z, la figlia Blue Ivy, la cugina Kelly Rowland, Pharrell, Lupita Nyong, Naomi Campell, Mr. Eazi, Wizkid e Tiwa Savage.

Come dimenticare, invece, il singolo del 2018 di Childish Gambino, “This Is America“? Il brano, scritto interamente da Donald Glover, affronta la tematica della violenza armata nel paese, oltre alla brutalità perpetrata dalla polizia statunitense. Il pezzo conta anche la partecipazione corale dei rapper statunitensi 21 Savage, Quavo, Young Thug, Slim Jxmmi, BlocBoy e JB. Nel videoclip ufficiale del brano, diretto da Hiro Murai, Gambino spara a un uomo nella parte posteriore della testa con una pistola dopo soli 53 secondi, mentre assume una posizione comica simile a una caricatura di Jim Crow. Il suo impatto è stato fortissimo, in quanto ha ricevuto ben 12.9 milioni di visualizzazioni nelle sue prime 24 ore dalla sua uscita.

Anche in ambito cinematografico e televisivo troviamo dei prodotti che hanno saputo raccontare magistralmente gli anni della segregazione raziale, la violenza nelle carceri e le lotte di chi è venuto ben prima di noi, provando a combattere un sistema che voltava le spalle alla diversità, invece di vederla o intenderla come una ricchezza. Da “Il colore viola” (tratto da un romanzo di Alice Walker del 1985) a “Selma – La strada per la libertà” di Ava Duverney, film che rappresenta una rievocazione delle marce da Selma a Montgomery che nel 1965 segnarono l’apice della rivolta per il diritto di voto agli afroamericani; passando per “When They See Us” (sempre della Duverney), che racconta il caso della jogger di Central Park nel 1989; “Il diritto di contare“, basato sulla vera storia della matematica, scienziata e fisica afroamericana Katherine Johnson, che collaborò con la NASA sfidando il razzismo e tracciando le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11; e un cult come “Il buio oltre la siepe“, romanzo del 1960 di Harper Lee trasposto da Robert Mulligan nel 1962.

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