Il 20 aprile 2018, quando improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, iniziavamo a leggere sui nostri smartphone che Avicii non c’era più. Possibile una cosa del genere? Un’artista di soli 28 anni nel pieno della vita che dopo aver trascorso qualche giorno in compagnia di qualche amico che era andato a trovare a Mascate, in Oman, viene ritrovato senza vita in una qualsiasi camera d’albergo. Sembra di assistere al solito copione: il troppo successo che da alla testa con l’ennesimo artista che il tempo si è portato via troppo presto. Si forse è così, ma dietro la storia e la vita del giovane Tim ci sono tanti fattori e tante vicende che hanno portato a questo triste epilogo.

Un bravo ragazzo con un grande sogno, questo sembrava Avicii, che nel 2011 esplode potremmo dire in maniera quasi “extra”ordinaria, quindi quasi più del dovuto con un singolo che in pochissimo tempo diventa la colonna sonora di tutto ciò che stavamo facendo: un inno alla gioia, alla libertà e alla voglia di vivere, quella che certamente aveva anche il giovane dj svedese, che forse mai avrebbe pensato di farsi sovrastare da tutto quello che gli stava capitando. Era troppo, e forse anche chi gli stava intorno l’ha capito troppo tardi. Un dato veloce? Nel 2012 si esibisce 320 volte, quasi tutti i giorni.

Da Stoccolma al mondo in un attimo

In Svezia da sempre l’educazione musicale è un elemento fondamentale e imprescindibile nella formazione scolastica, e questo per tutti non solo per coloro che poi decideranno di fare della musica la loro vita. Partiamo dagli Abba, quindi dalla musica pop, per arrivare fino ai giorni nostri con dj e produttori di livello internazionale come gli Swedish House Mafia, e aggiungiamoci pure il fatto che Spotify sia proprio di qui, la Svezia non solo ha conquistato il mondo con la propria musica ma ne è diventata sempre più leader insieme ad Inghilterra e Stati Uniti. Una crescita impressionante del paese scandinavo, che ha lanciato nell’etere artisti immortali.

Uno di questi era certamente il giovane Tim Bergling, che nasce a Stoccolma l’8 settembre 1989 e che sin da piccolo si avvicina in maniera decisa alla musica. Inizia a fare i primi esperimenti nella sua cameretta e decide di pubblicare i suoi primi pezzi su piattaforme come MySpace. Piccola curiosità legata al suo nome d’arte: inizialmente aveva optato per Avici ma dato che quel nickname l’aveva già preso qualcuno allo decise di aggiungerci semplicemente una i e farlo diventare Avicii. Succede subito qualcosa e la sua musica arriva alle orecchie di un giovane manager di nome Ash Pournouri che gli chiede di incontrarsi in un bar della capitale svedese. È l’inizio di una delle storie più incredibili che la musica dance abbia vissuto e poi raccontato.

L’ascesa è iniziata, stiamo assistendo ad un processo senza precedenti. Nel 2008 Avicii vince una competition per giovani prduttori lanciata dal famoso disc jockey inglese Pete Tong su BBC Radio 1. Una scalata inarrestabile verso il successo: nel 2010 Avicii viene notato da Tiësto che lo indica come la miglior Promessa dell’anno e così per una settimana lo invita ad esibirsi aprendo le sue serate al famoso Privilege di Ibiza.

L’esplosione con “Levels”

Un anno dopo, nel 2011, Avicii rilascia il suo pezzo più famoso, quello che in poco tempo l’avrebbe reso celebre in tutto il mondo. Considerato il disco dance del 21esimo secolo, la stella svedese esplode letteralmente con “Levels”, nato dal campionamento del brano di Etta James del 1962 “Something’s Got a Hold on Me”. Nel 2012 si esibisce in tutto il mondo con centinaia di date, “Levels” è un successo internazionale e Avicii diventa l’artista più conosciuto al mondo. Sta accadendo qualcosa di incredibile.

Piccolo off-topic, nel 2015 Chris Martin, frontman dei Coldplay, chiese ad Avicii la sua collaborazione per realizzare uno dei brani più famosi della band, “A Sky Full of Stars”. Per compiacere il collega il dj svedese disse di aver realizzato addirittura 600 versioni di quel brano prima di trovare quella perfetta. Un genio. Un fuoriclasse.

L’ansia da prestazione e i primi problemi

Passa poco però e Avicii inizia ad accusare la pressione l’ansia da prestazione: tra ricoveri ospedalieri dovuti soprattutto all’abuso di alcol e tour annullati, nel marzo del 2016 decide di ritirarsi dalle scene. La sua ultima esibizione risale al 28 agosto presso l’Ushuaia di Ibiza. È troppo fragile, non se la sente e preferisce continuare a produrre musica lontano dai riflettori.

L’11 settembre 2017 esce il documentario più famoso che racconta la vita dell’artista, “Avicii: True Stories” che racconta del suo ritiro con interviste a colleghi come David Guetta, Nile Rodgers e Chris Martin dei Coldplay.

La morte improvvisa

Dopo soli due anni dalla sua ultima esibizione, il 20 aprile 2018 Tim Bergling, in arte Avicii, viene trovato senza vita dalla propria manager Diana Baron in una camera d’albergo a Mascate, in Oman. Suicidio dovuto probabilmente alla depressione e all’abuso di alcol con piscofarmaci, poco importa di tutto questo perché Tim ormai non c’era più.

A dimostrazione di quanto questo ragazzo fosse amato e seguito, negli anni precedenti vennero fatti fatti diversi live soprattutto alla Friends Arena di Stoccolma in omaggio alla sua figura e alla sua musica che resterà immortale. Un artista che ha lasciato un patrimonio di inestimabile valore che vivrà per sempre in ognuno di noi.

Tra i suoi più grandi successi ricordiamo oltre a “Levels” anche “Wake Me Up”, “Hey Brother”, “SOS”, “The Nights” e “Waiting for Love”. Da sottolineare la bella collaborazione nata negli anni tra lui e Aloe Blacc.