L’aria è impregnata di adrenalina al Fabrique di Milano. Una personalità vulcanica sta per fare la sua comparsa, pronta a trascinarci in un vortice di pensieri, riflessioni (sul nostro presente incerto), sonorità e colori. Non c’è altro modo per descrivere Margherita Vicario, se non come una vera e propria bomba ad orologeria. Qando la vedi sul palco non capisci più niente, vuoi solo farti trascinare nel suo mondo sfaccettato e sfrontato, in cui le donne sono fiere, indipendenti e coraggiose. Un universo in cui alzano la voce per conquistarsi il proprio spazio, non hanno paura di essere libere, appassionate e viscerali.

Sul palcoscenico la cantautrice romana è accompagnata da chitarra (ce la mette anche lei), basso, tastiere, fiati, e percussioni. Quando canta, lo fa innegabilmente bene, con una potenza e un’estensione vocale dirompente che ti colpisce come un pugno nello stomaco e ti mette KO. Non lo fa solamente attraverso la sua voce, ma persino con il suo stesso corpo, in maniera estramemente teatrale e naturale al contempo e manifestando la sua duplice identità di attrice e cantautrice che si muove agevolmente sulla scena, che non ha bisogno di rientrare in nessun tipo di canone per descriversi e che forse non ha nemmeno la necessità di definirsi a tutti i costi. Lei è Margherita Vicario, punto. C’era qualche dubbio al riguardo?
Il suo Club Tour 2022 è una storia dentro la quale tuffarsi a capofitto, un racconto pregno di quotidianità, sincerità, di alti e bassi, di politica (con estrema intelligenza). Un diario che viene sfogliato pagina dopo pagina e che interpretato dal vivo acquisisce tutt’altro carattere. Ad aprire le danze è il nuovissimo singolo “Astronauti“, una canzone dedicata alle persone che ascoltano Margherita e con le quali si è sempre creata una bellissima sinergia durante i suoi concerti “Stare sul palco ti da una prospettiva unica: la musica crea un legame fortissimo tra sconosciuti e la dimensione live è quella che mi spinge a scrivere da sempre” – aveva dichiarato in occasione dell’uscita del pezzo. Il pubblico del Fabrique le risponde intonandola a squarciagola, lasciandosi trasportare attraverso i pezzi del nuovo disco “Bingo“, uscito lo scorso maggio per Island Records e “Minimal Musical” (rilasciato nel 2014).

Dai beat sincopati di “Orango Tango” alla filastrocca sciorinata in “Troppi Preti Troppe Suore“, dai classici “Frollino” e “Per un bacio” alla tagliente “Come va“, passando per le romantiche “Fred Astaire” e “Pincio” e l’inno generazionale “La meglio gioventù“, oltre a due ospitate d’eccezione: Ramiro dei Selton (con cui duetta sulle note di “Karma Sutra“) ed Elodie in “XY“. Non poteva mancare il momento dancefloor con “Is This Love” di Bob Marley, rivisitata e le chicche “Giubbottino” e “Piña Colada“, che fanno scatenare anche i più rigidi. La serata si chiude con la pungente “Mandela” e il pezzo che l’ha portata alla ribalta: “Abaué (Morte di un Trap Boy)“, quel suono anticonformista che tutti i presenti hanno intonato come se fosse una cantilena, un loop entro il quale farsi risucchiare. Per una sera è stato estremamente facile farsi trasportare dalla sua energia contagiosa, sentendoci liberi come forse non succedeva da tempo. Lo confesso, avrei voluto camminare a piedi nudi sul palco pure io. Non sono Margherita Vicario, ma ne farei volentieri una religione.