Marshall Bruce Mathers III veste i panni di Eminem dal 1997, quando Dr. Dre lo scopre e gli permette di incidere un disco intitolato “My Name Is“, il suo biglietto da visita al mondo della musica. Diversi dischi dopo, il rapper e produttore di Detroit sa che deve soddisfare le aspettative di un pubblico estremamente esigente.

Eppure 20 anni fa Eminem ci ha sorpreso ancora, pubblicando il 26 maggio 2002 uno dei suoi dischi più apprezzati nel panorama rap: “The Eminem Show“, un lavoro estremamente personale, introspettivo e con sfumauture sicuramente meno dark rispetto ai precedenti progetti, ma pur sempre ironico, istrionico e dissacrante nel raccontare l’America post-crollo delle Torri Gemelle. Un’America messa a nudo, che un tempo era una potenza d’acciaio inossidabile e che ora è diventata inevitabilmente più vulnerabile, più esposta, più attaccabile.

Lo “show” di Eminem è imperdibile

Mettetevi comodi, sta per iniziare lo spettacolo! Premendo play su Spotify (anche se all’epoca i dischi si ascoltavano comodamente sul proprio walkman), verrete catapultati nell’universo di Marshall Mathers e della sua vita controversa. In “Cleanin’ Out My Closet“, il rapper americano racconta la propria infanzia, in “Say Goodbye Hollywood” il suo pessimo rapporto con le luci della ribalta e con uno star stystem corrotto fino al midollo, in “Sing for the Moment” vuole difendere a spada tratta la cultura del rap e tutti i pregiudizi legati ad esso, perchè per lui quelle rime hanno rappresentato un’opportunità e una forma di riscatto. La musica lo ha salvato e lui ha ringrazia così, invitando tutti a “cantare per il momento“. Una delle tracce più belle dell’LP è quella dedicata alla figlia Hailie e all’ex-moglie Kim Scott: “Hailie’s Song“, in Eminem racconta il rapporto altrettanto complesso con la famiglia e la forza che la figlia gli infonde per poter affrontare qualsiasi difficoltà o insicurezza («My insecurities could eat me alive/But then I see my baby/Suddenly, I’m not crazy/It all makes sense when I look into her eyes, oh, no»). Un’altra chicca, seppur un po’ dolceamara, è il dissing realizzato a quattro mani con Dre rivolgendosi al produttore Jermaine Dupri: “Say What You Say“. Tuttavia, il pezzo più emblematico dell’intero album è senza ombra di dubbio “Without Me“.

“They tried to shut me down on MTV, but it feels so empty without me

Il primo singolo estratto dal quarto album in studio del giovane Marshall conquista il mercato globale, ironizzando sulla politica, sulla cultura contemporanea e sulle tendenze di costume del momento. Nel pezzo, dertificato multiplatino per aver venduto oltre quattro milioni di copie nel mercato stautinitense, vengono citati colleghi (Chris Kirkpatrick degli ‘N Sync, Elvis Presley, i Limp Bizkit e Moby), l’allora Vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney con la moglie Lynne, MTV, il network televisivo più in voga del momento; e persino la madre dello stesso rapper: Debbie Mathers. Quest’ultima aveva intrapreso un’azione legale contro il figlio dopo la pubblicazione del disco precedentemente menzionato “My Name Is“, contentente una grande varietà di testi che mettevano in cattiva luce la sua famiglia e il suo passato nel capoluogo del Michigan.

Nel videoclip ufficiale, diretto da Dr. Dre e Phillip Atwell, si susseguono tutti i riferimenti contenuti nella canzone. Dre e Eminem, per esempio, sono vestiti da Batman e Robin nel tentativo di parodizzare le gesta dei due personaggi della della DC Comics. Vengono citati anche “E.R. – Medici in prima linea“, Osama bin Laden (fonte principale di tutte le polemiche legate all’uscita del brano), il video di “Purple Pills” dei D12 e il buon Elvis The Pelvis. Dre e Atwell costruiscono un racconto metamusicale, attraverso la narrazione nella narrazione delel gesta di Eminem, compaiono parti di altri videoclip come “In da Club” di 50 Cent e “I Know You Don’t Love Me” di Tony Yayo). Nel 2020 ha raggiunto il miliardo di visualizzazioni su YouTube, l’ennesimo traguardo tagliato da chi ha saputo ritagliarsi uno spazio in un genere musicale dalle radici salde e ben piantate nell’Africa Occidentale, per poi essersi spinte nei quartieri più poveri di Harlem.

Un LP che trascende il rap e diventa pop

Comprendere il fenomeno Eminem e riassumerlo in un unico progetto, forse potrebbe essere un pelo eccessivo. Vi basti sapere che “The Eminem Show” ha segnato davvero un punto di svolta nel rap per la sua rottura con il passato e per la sua capacità di inserire un genere come il rock in un contesto che non gli era mai appartenuto. Marshall è riuscito a smuovere le coscienze di chi lo ascoltava con interesse o per mera curiosità, specialmente dei più giovani, e questo provoca una reazione nelle istituzioni più conservatrici. Sono tantisismi gli artisti del rap game che oggi dicono di essersi ispirati a lui: da Kendrick Lamar (reduce dalla pubblicazione di “Mr. Morale & The Big Steppers“) a Drake, B.o.B, J Cole, Big Sean e Tyler, The Creator. Quest ultimo, aveva dichiarato di sentirsi come un bambino di 9 anni quando era andato a comprare il “Marshall Mathers LP II” diversi anni fa. A distanza di 20 anni, possiamo dire che il suo show dentro un confanetto sia stata indiscutibilmente la colonna sonora di diverse generazioni. Per questo motivo, l’artista ha deciso di pubblicare una Expanded Edition dell’LP su tutte le piattaforme di streaming.

All’interno di questa nuova edizione si trovano le strumentali delle tracce più significative uelle dell’album, varie registrazioni di alcuni pezzi live e soprattutto alcuni pezzi mai pubblicati in digitale, come “Stimulate“, e un inedito: “Jimmy, Brian and Mike“. Il pezzo non fu mai completato ed è per fare un regalo ai suoi fans che Eminem è tornato in studio a finirla. Avrebbe dovuto rappresentare un punto di passaggio tra “The Marshall Mathers LP” e “The Eminem Show“, oggi rappresenta la ciliegina sulla torta di un percorso straordinario e ancora tutto in divenire.