Classe 1940, Francesco Guccini compie oggi (14 giugno) 82 anni. Un compleanno che lui stesso celebra nella “Canzone Dei dodici mesi” al suon di “Giugno, che sei maturità dell’anno, di te ringrazio Dio, in un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io”
Nato a Modena ma cresciuto in provincia di Pistoia, Guccini si avvicina alla chitarra nel 1957, periodo in cui in Italia arriva il rock’n’roll. È in questo momento che inizia a scrivere le sue prime canzoni. Lavora prima in un collegio e successivamente come giornalista per la Gazzetta di Modena fino a quando sceglie di suonare.
Dopo un’esperienza nel gruppo I Gatti, che riscuote un discreto successo suonando nella riviera romagnola per tutta la stagione estiva, Guccini parte per il militare. Tornato si iscrive di nuovo all’università e per continuare gli studi sceglie di non unirsi di nuovo a I Gatti, ma di collaborare nella stesura dei testi. Nel 1966 diventa ufficialmente autore per l’Equipe 84, i Nomadi e per Caterina Caselli per cui compose brani come “Le biciclette Bianche”, “Incubo N°4”, “Cima Vallona”.
Nel 1967 esce il suo primo disco “Folk Beat n°1” che ebbe un successo praticamente nullo come affermò lo stesso Guccini. In questo giovanile lavoro si scorgevano già le caratteristiche del cantautore: temi come la morte, il suicidio, la guerra e l’Olocausto, cantato nel brano “Auschwitz”. Il secondo album uscì nel 1970 e si intitolava “Due anni dopo”, che analizza la vita quotidiana e l’ipocrisia borghese.
Il punto di svolta nella sua carriera musicale arriva nel 1972 quando pubblica l’album “Radici” in cui rientrano alcuni dei suoi più celebri testi come “La locomotiva”, “Incontro”, “Piccola Città”, “Il vecchio e il bambino” e “Canzone dei dodici mesi”. Il disco è incentrato sul tema dell’uguaglianza e indaga la giustizia sociale e la libertà.
A seguire pubblicò l’album “Opera buffa” e “Stanze di vita quotidiana”, lavoro controverso e di difficile ascolto che fu giudicato in maniera negativa da molti critici musicali, tra cui Riccardo Bertoncelli che dichiarò Guccini un artista finito. Il cantautore non rimase certo in silenzio e nel 1976 nell’album “Via Paolo Fabbri 43” incise la canzone “L’avvelenata” rispondendo a tono a Bertoncelli con il celebre verso:
Che cosa posso dirvi? Andate e fate, tanto ci sarà sempre, lo sapete
Un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate
Seguirono poi gli album “Amerigo”, “Metropolis”, “Guccini” in cui è contenuto “Autogrill”, brano sospeso tra irreale e verosimile, tra la dimensione onirica e quella misteriosa di un amore solo sfiorato. Nel 1987 pubblica il disco “Signora Bovary una produzione dedicata a ritratti di personaggi. In questo lavoro dedica alcuni testi a persone importanti della sua vita: “Van Loon” che è suo padre, “Culodritto” invece fa riferimento alla figlia Teresa e dietro “Signora Bovary” si nasconde Guccini stesso.
Gli anni Novanta lo vedono impegnato nei dischi “Quello che non…”, “Parnassius Guccinii”, “D’amore di morte e di altre sciocchezze” e “Stagioni”, album con cui il cantautore si focalizza sui diversi cicli temporali che attraversano lo scorrere degli anni.
Non solo cantautore ma anche scrittore con all’attivo la pubblicazione di romanzi come “Cròniche epafàniche” e “Vacca d’un cane”. Dal 1997 comincia un sodalizio letterario con Loriano Macchiavelli che li vedrà pubblicare ben otto romanzi.
Guccini ha ottenuto nel corso di questi anni numerosi riconoscimenti e apprezzamenti per la sua abilità nella stesura dei testi. I suoi brani sono oggetto di studi e vengono etichettati come altamente poetici. Nel 2004 il testo di “Canzone per Piero” fu inserito nella traccia della prima prova all’esame di Stato. Nelle scuole viene spesso citato come esempio di poeta contemporaneo. In particolare, se ne sottolinea l’utilizzo di registri linguistici diversi e le citazioni di grandi autori.
Un burattinaio di parole, come si definisce lui stesso nel brano “Samantha”, che ha regalato al mondo alcuni dei più bei testi della storia della musica italiana.