Lo scorso 30 settembre è uscito il nuovo progetto dei Marlene Kuntz “Karma Clima“. L’album, come tutto il progetto che lo ha preceduto, vuole unire l’arte alla sostenibilità e rendersi portavoce del chiaro problema climatico che stiamo vivendo. Un album che lancia un messaggio forte e si fa in qualche modo portavoce delle giovani generazioni, indubbiamente più attente al problema climatico, appoggiandosi sull’empatia e sulla coralità. Nel progetto è presente anche il featuring con Elisa sulla traccia Laica Preghiera.
I Marlene Kuntz sono stati la prima band rock ad esibirsi nella meravigliosa Domus Aurea e questa esibizione ha aperto la strada per un tour live nei club che partirà il 16 ottobre proprio da Roma.
Intervista ai Marlene Kuntz
Visto che Karma Clima è ideato su un progetto di sostenibilità è questo concept che vi ha ispirato alla scrittura delle canzoni o avete in seguito adattato il concept a delle canzoni già esistenti?
C: “Sicuramente il concept ha influenzato le canzoni, io parlo soprattutto per la stesura dei testi perché le musiche, che arrivano sempre prima per noi, sarebbero comunque state più o meno così a prescindere dal concept che però poi in qualche modo ha ispirato anche Davide, Luca, Riccardo e Sergio. Per quanto riguarda i testi io avevo bisogno prima che mi fosse molto chiaro di star facendo quel tipo di cose. Una volta che per tutti era okay parlare veramente del clima, ho iniziato a pensare ai testi in funzione di questa tematica”.
Il progetto è nato da delle residenze artistiche come questa cosa, e l’incontro con altre realtà e persone, ha influito sul processo artistico? E visto che si sta parlando molto di come fare musica dal vivo in modo sostenibile?
C: “Per quel che mi riguarda sicuramente sì. Ricordo con piacere un’interazione fruttuosa col pastore in cui mi imbattevo quasi regolarmente ogni mattina andando a scrivere su un tavolaccio che avevo trovato su un ripiano affacciato sul Monviso, questo pastore era un signore di pianura che però faceva le stagioni su. Non dico che mi abbia regalato delle frasi per i miei testi però sicuramente delle suggestioni importanti e per certi versi anche sagge”.
L: “”Io vorrei sottolineare quanto la coprogettazione e copartecipazione di tutto questo progetto sia decisivo. Tutto questo laboratorio scaturisce e ha scaturito tutta una serie di conseguenze, tra cui anche naturalmente il fatto che noi impattiamo l’uno sull’altro, ed è probabilmente l’aspetto più decisivo di tutto il proceso. Tutta questa collaborazione pone un tema: com’è possibile oggi affrontare tematiche apparentemente inaffrontabili, confrontandosi”.
Visto che si sta parlando molto di come fare musica dal vivo in modo sostenibile voi a che soluzioni avete pensato?
L: “É evidente che sia impossibile mettere in piedi dall’oggi all’indomani delle dimensioni totalmente sostenibili, bisogna anche lì fare dei passi. Noi abbiamo iniziato a lavorare con realtà organizzate totalmente plastic free e abbiamo iniziato a portare questo elemento con noi. Decidere step by step di intraprendere delle azioni che non sono tutto ma che sono l’inizio di un processo che inevitabilmente va affrontato se vogliamo cambiare le cose”.
Il vostro pubblico come sta accogliendo un progetto così importante e che si discosta da quello che poteva essere il ritratto dei Marlene degli anni passati?
C: “In quest’anno di lavori, creativamente molto stimolanti, abbiamo fatto molti concerti particolari che cambiamo le Karma Clima Experience, in cui andiamo a confonderci con la natura e a cercare una commistione empatica.
Questo percorso ci ha portato delle consapevolezze importanti che abbiamo anche ormai verificato essere arrivate al nostro pubblico che ci permette di continuare su questo livello che ha una sua chiara identificazione all’insegna dell’empatia, questo disco è poetico ed empatico perché cerca la condivisione e non guarda al proprio ombelico, cerca di aprirsi alla dimensione green, la concentrazione si vuole mantenere qui”.
In che modo avete cercato di tradurre la sostenibilità tematica in sostenibilità musicale?
D: “Marlene Kuntz voleva rompere gli schemi di 30 anni di scrittura musicale. Generalmente si partiva da una scrittura con le chitarre, questa volta si è partiti da una scrittura con pianoforti e tastiere e questo ha comportato un cambio musicale notevole. Noi abbiamo voluto scrivere in questi tre luoghi cruciali che hanno contribuito alla produzione dell’album. In queste residenze abbiamo portato strumenti reali, tutto ciò che è strumentale è reale, non c’è niente di elettronico o fatto coi computer.
Credo che tutto questo abbia contribuito alla sostenibilità, non abbiamo coinvolto solo realtà dell’ambiente ma anche realtà musicali che hanno contribuito portandoci strumenti reali”.
R: “Empatia e coralità credo si sentano anche nella musica, il nostro desiderio era comunicare questo progetto soprattutto ai nostri coetanei. Siamo conosciuti per una componente di rabbia musicale, ma crediamo che questo tipo di progetto abbia bisogno di concretezza e poesia per arrivare, le frasi urlate probabilmente verrebbero rifiutate da chi non ha chiaro il problema. Volevamo esprimere questi concetti in maniera empatica, meno rabbia e più coralità”.

Si parla molto del rapporto che un genitore ha con il figlio e della sua preoccupazione. C’è qualche consiglio che vi sentite di dare alle nuove generazioni che si trovano ad affrontare questo mondo poco accogliente?
C: “C’è una parte consistente delle nuove generazioni che è molto attrezzata per gestire la questione, alludo alla tribù di Greta Tunberg, i ragazzi dei Fridays For Future abbiamo anche avuto occasione di incontrarli in più occasioni. Ho sempre avuto la sensazione che fossero dei ragazzi molto determinati e consapevoli, vogliono prendersi in mano il futuro perché non si fidano più di noi e della nostra ignavia e quindi non sono così sicuro di avere dei consigli.
A mio figlio provo a darli dei consigli, non è facile… Per come si sta per indirizzare il mondo cos’altro posso dirgli se non che mi sembra che l’umanità stia andando in una direzione spietata, che si possano salvare soltanto coloro che avranno i soldi per farlo, è triste…”.
Venerdì vi siete esibiti alla Domus Aurea, avete aperto le danze alla musica in una location così importante. Che emozioni avete provato in quell’occasione qual è stata la risposta del pubblico? Immagino che l’empatia su cui si costruisce il disco sia stata ancora di più amplificata nella sua dimensione dal vivo
C: “Sì, l’emozione è stata fortissima, noi eravamo consapevoli di due cose in particolare: di essere in uno dei siti archeologici più preziosi e rinomati al mondo e poi il fatto che nessuno era andato ancora a suonarci, quanto meno una band rock. Noi abbiamo fatto molta attenzione a non lasciare danni con le nostre vibrazioni, non abbiamo portato la batteria, abbiamo suonato in una dimensione più dilatata, più atmosferica.
La reazione del pubblico è stata di stupefazione e di sicura sensazione di essere avvolti dalla nostra dimensione empatica. Non c’erano parole, solo musica, se non nel finale dove abbiamo deciso di cantare un pezzo del disco, quello che lo chiude, con una visione chiara: si parla di una città fantasma, invasa dalle acque. Se fino a prima era stata solo musica, atmosfere, mai rasserenante, quando sono arrivate le parole della canzone è arrivata sicuramente anche l’empatia”.