Quello del 2022 si sta rivelando un autunno “a gonfie vele” per il rocker italiano Vasco Rossi e i suoi fan, che hanno visto susseguirsi la presentazione di un film concerto a breve nelle sale, un nuovo singolo nelle radio, il conferimento della massima onorificenza della Capitale, e ora la celebrazione di un anniversario molto speciale.

L’album “Vado al massimo”, pietra miliare nella carriera del Kom (Komandante è il soprannome dato dai suoi fan), compie infatti 40 anni e l’etichetta discografica Carosello Records, che aveva pubblicato la versione originale nell’aprile del 1982, ha deciso di rendergli omaggio con una straordinaria riedizione rimasterizzata, inclusa in un cofanetto da collezione a tiratura limitata. “VADO AL MASSIMO 40th Rplay Special Edition” sarà commercializzato a partire dal 9 dicembre, ma è già disponibile in preorder.


Grazie al grande lavoro di Maurizio Biancani, fonico anche della versione degli anni Ottanta, sarà possibile ascoltare i nove brani storici, tra cui la title track ‘Vado al massimo’, l’energetica ‘Splendida giornata’ e le commoventi ‘Canzone’ e ‘Ogni volta’, al meglio della loro qualità. E non solo: oltre al cd, nel cofanetto sono compresi il vinile, il 45 giri con lato a ‘Vado al massimo’ e lato b ‘Ogni volta’, una cartolina per scaricare gratuitamente il remix di ‘Una splendida giornata’ e anche un libro che ricostruisce la storia del disco per come Vasco Rossi stesso e i suoi collaboratori l’hanno raccontata al giornalista Marco Mangiarotti.

Vasco Rossi

Effettivamente, è una storia che vale la pena di ascoltare: “Vado al massimo” è un album fondamentale nel percorso artistico di Vasco Rossi, perché è con esso che egli arriva al successo di pubblico, grazie alle oltre 200.000 copie vendute e le 16 settimane in classifica, che lo hanno portato alla certificazione di disco di platino, ma soprattutto perché è con esso che egli consolida la sua appartenenza al genere rock, distinguendosi da tutta la scena musicale italiana dell’epoca.

La dirompenza e l’originalità di questo album erano già state anticipate qualche mese prima, con la memorabile partecipazione del cantautore di Zocca al Festival di Sanremo, che aveva portato in gara appunto il singolo ‘Vado al massimo’, su invito dell’allora direttore artistico Gianni Ravera: una canzone che univa reggae e rock, in un contesto in cui il pop melodico e la disco music andavano per la maggiore, e che fu performata con un misto di provocazione ed ironia, irriverenza e franchezza, fino al gesto finale di portarsi via il microfono – con l’intenzione di passarlo al cantante successivo, come ha poi raccontato Vasco, ma che invece gli cadde dalla tasca con un boato, a sugello di quell’esibizione per nulla convenzionale.

Vasco Rossi: la carriera

A ben guardare, quello che avevano visto gli spettatori della kermesse sanremese quella sera era già tutta l’essenza del Blasco, covata nei suoi esordi e poi esplosa negli anni successivi fino ad oggi. Ripercorrendo infatti le prime mosse dell’artista emiliano classe 1952 nella scena musicale, si scopre sin da subito un’esigenza di rivoluzione, di rottura e una certa lungimiranza: sua una delle prime radio libere in Italia, PuntoRadio, fondata nel suo paese d’origine Zocca nel 1975 insieme ai suoi amici, grazie alla quale venne emessa la sentenza che giudicava anticostituzionale il monopolio della Rai e che dava il via ad una stagione frizzante e nuova.

Da quest’esperienza Vasco Rossi ricavò una certa popolarità come disc jockey, legami con artisti che lo accompagnano tutt’ora nel suo percorso come Gaetano Curreri, leader della band Gli Stadio, ed arrivò ad incidere i primi album e a fare le prime apparizioni televisive, iniziando a mettere le basi per la sua rivoluzione più grande: essere il primo rocker in Italia.

Con brani come ‘Albachiara’, ‘Fegato, fegato spappolato’ e ‘Colpa d’Alfredo’, l’immagine che egli costruì di sé a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta fu quella dell’anticonformista sfrontato, provocatorio e irrisorio, non compreso dai conservatori, ma già portavoce dei giovani, che si rivedevano in quel “Siamo solo noi / generazione di sconvolti / che non ha più santi né eroi”.

La sua musica era altrettanto irruente, pungente e nuova, come dimostrò appunto sul palco dell’Ariston con la sopracitata ‘Vado al massimo’ nel 1982 e come confermò anche nella sua seconda partecipazione a Sanremo nel 1983 con il manifesto ‘Vita spericolata’: il penultimo posto in classifica con quest’ultimo brano non lo fermò, anzi lo portò a vendere 1.000.000 di copie con l’album che lo conteneva, “Bollicine”, e con quello successivo, ad organizzare in questi anni tour trionfali e a vincere persino il Festivalbar.

Tuttavia, una tale “vita esagerata” portava con sé da sempre anche l’altra faccia della medaglia, quella della fragilità e dell’instabilità, che il cantautore emiliano non ha mai nascosto. Se lui stesso ha affermato in uno speciale Rai sulla sua carriera nel 2008 che scrivere canzoni è per lui uno sfogo per tutte quelle debolezze di cui non riesce normalmente a parlare, nel periodo seguente a “Bollicine” queste diventarono fatti di dominio pubblico, in seguito alla carcerazione per la detenzione di stupefacenti e alla successiva disintossicazione e allontanamento dalle scene.

Ciò non segnò una battuta d’arresto nella carriera di Vasco, che anzi tornò nel 1987 con un album, “C’è chi dice no”, seguito da “Liberi liberi”, nei quali fece proprio di quelle sue sensibilità il punto di partenza per la composizione di canzoni particolarmente riflessive, pensate, mature, su temi esistenzialisti, romantici e sociali, cercando sempre l’equilibrio con la giusta dose di rock combattivo.

Da qui in poi il percorso musicale di Vasco sarà improntato alla consolidazione di questa formula, che è poi in effetti la costante ricerca di un “equilibrio sopra la follia”, un bilanciamento tra energia e riflessione introspettiva, tra provocazione e romanticismo, tra rock e scrittura da cantautore: partendo dagli album “Gli spari sopra” (1993), “Nessun pericolo… per te” (1996), “Buoni o cattivi” (2004) con canzoni come ‘Vivere’ o ‘Sally’, ‘e arrivando a “Il mondo che vorrei” (2008) con la più sbarazzina ‘Gioca con me’ fino all’ultimo “Siamo qui” (2021), la direzione è chiara, definita, riconoscibile.

Gli addetti ai lavori, forse un po’ diffidenti agli esordi, da un certo punto in poi non possono che legittimarlo come artista, conferendogli riconoscimenti come la Targa Tenco per il miglior album per “Canzoni per me” nel 1998 o il Premio Lunezia per la sua figura di “Poeta del Rock” nel 1999. E’ però in special modo il pubblico che ha mostrato lungo tutta la strada di averlo compreso, amato e sempre ricercato. Al Kom spetta infatti il primato di aver raggiunto il numero 1 della classifica degli album più venduti in Italia in 5 diversi decenni e sempre a lui appartiene lo scettro dei live.

Un’altra componente fondamentale dell’essenza di Vasco Rossi è infatti il magnetismo già presente in quell’esibizione di Sanremo 1982, che lo ha caratterizzato poi per il resto della carriera, insieme ad un’energia travolgente, come un vero e proprio animale da palcoscenico: è in particolare nel 1990 che il rocker realizza i primi due concerti negli stadi, a San Siro a Milano e allo Stadio Flaminio a Roma, confluiti nella storica VHS “Fronte del palco live 90”, avviando il percorso che lo ha poi portato ad essere incoronato “Re degli stadi”.

Da lì in avanti, lo stadio è diventato di fatto lo spazio prediletto per i suoi show colossali o talvolta per ospitare serate speciali come il doppio concerto “Rock sotto l’assedio” del 1995 contro la guerra in Jugoslavia, in collaborazione con gruppi musicali provenienti dalle zone dei combattimenti, o più spesso per rompere record, come quello di maggior numero di concerti consecutivi al Meazza di Milano (sei, con VascoNonStop Tour nel 2019).

Non è però ammissibile parlare di Vasco Rossi dal vivo senza citare il mastodontico concerto-evento per i 40 anni di carriera che è stato Modena Park 2017, dove le 220.000 persone presenti hanno costituito il numero più alto di spettatori paganti per un unico concerto a livello mondiale, e dal quale è stato ricavato un film, trasmesso anche in televisione, che ha registrato allo stesso modo un record di spettatori, seppur in quel caso virtuale.

Arrivando al presente, Vasco sembra non fermarsi mai. Pochi giorni fa ha presentato il film concerto “Vasco Live – Roma Circo Massimo XXII”, diretto dal fidato regista Pepsy Romanoff e che sarà proiettato nelle sale di tutta Italia il 14, 15 e 16 novembre, accompagnato dal fotolibro dello stesso tour “Vasco Live 2022” e dall’uscita del singolo ‘Patto con riscatto’ in radio.

Il 9 novembre scorso ha poi ottenuto il conferimento della massima onorificenza della città di Roma, la ‘Lupa D’Oro’, da parte del Sindaco della Capitale Roberto Gualtieri e in quell’occasione ha annunciato le date di Vasco Live 2023, il nuovo tour negli stadi (che lo porterà il 6 e 7 giugno a Bologna, il 16 e 17 a Roma, il 22 e 23 a Palermo e il 28 e 29 a Salerno).

Quale momento migliore per festeggiare un album dirompente come “Vado al massimo” se non proprio questo? Tutto il concentrato di rivoluzione, novità, ironia, fragilità, intelligenza ed energia contenuti già in quel lavoro hanno portato Vasco Rossi ad essere nel 2022 una vera icona transgenerazionale, riconosciuta per il suo stile unico ed inconfondibile, per la sua musica diretta e convincente, per il suo linguaggio semplice, “in sottrazione”, nel quale ognuno può leggere e proiettare i propri pensieri e le proprie sensazioni e per i suoi concerti dal vivo, che sono partecipati da adulti e ragazzi come una sentita liturgia e un momento di condivisione ed emozione collettiva. Possiamo dirlo con certezza: il Kom, oggi come nel 1982, va ancora al massimo.