Classe ’79, Alessandro Ristori prende la strada dello show man già da ragazzino, come mi ha raccontato in questa intervista. Le sue ispirazioni musicali derivano dall’Italia degli anni ’60 e ’70 e dai miti che hanno alzato il nome del rock nell’America degli anni ’50. Sono tutte queste le influenze che danno vita al mondo artistico di Alessandro Ristori che dipinge un ritratto perfetto della dolce vita italiana e che, con il suo stile e le sue caratteristiche artistiche, ci fa volare indietro nel tempo quando la distanza dai miti che vedevamo e sentivamo attraverso uno schermo, rendeva tutto più reale.
“Love Hotel” è il tuo nuovo singolo. Come hai approcciato questo progetto? Sei un perfezionista?
“No, non sono un perfezionista, però improvviso sullo studiato. Quando facciamo una cosa con il mio team, sappiamo che andrà bene. Con Love Hotel c’era la voglia di scrivere qualcosa di malinconico e invernale, perché io, e chi lavora con me, amiamo l’inverno e la malinconia, però tutto deve essere condito con qualcosa di buono. Non c’è da confondere malinconia con tristezza”.
É stato strutturato per la serie non esce finché non ne sono convinto completamente?
“Avevamo un collaboratore che si chiama Andrea Mariano e, da quel lato lì, eravamo abbastanza tranquilli che uscisse al 100%”.
Quando nasce l’idea di coinvolgere alla produzione Andro? Il dj, tastierista e produttore di diversi artisti ma, in primis, dei Negramaro
“Insieme all’editore, si cercava qualcuno di esterno che potesse dare un contributo forte e che riuscisse a far sì che il prodotto Alessandro Ristori non fosse solo quello che la gente vede dal vivo. Serviva una mano del mainstream, una mano esperta che avesse un guizzo artistico importante. Le mie aspettative erano ovviamente buone però, se non si crea quella magia, che si è creata, non avremmo avuto il risultato di Love Hotel e di altre cose che stiamo preparando assieme. Io, Lorenzo Staffo, Marco Battistini e Andro ci siamo trovati bene come fossimo insieme da mesi”.
Se potessi scegliere un artista dei giorni d’oggi con cui duettare, chi sarebbe?
“Giuliano Sangiorgi (ride ndr). É la verità!”
“La scaletta perfetta è quella che ti dà il motivo e che ti fa capire che la gente davanti non perde mai l’attenzione“. Questo lo hai detto in un’intervista, quante scalette hai sbagliato nella tua vita?
“Per fortuna la scaletta non la preparo io ed è sempre in movimento a seconda della situazione in cui ti trovi. Sbagliate sbagliate nessuna, aggiustate, su 200 concerti l’anno, un 20% o 30% le aggiusti perché il mood cambia”.
La serata o il momento che, se tornassi indietro, cambieresti?
“Forse aver creduto in rapporti che non sono andati come si sperava, però questo fa parte della vita, del lavoro, dell’arte… Aver creduto troppo magari in qualcosa o qualcuno… Riuscire ad essere più esterni ai propri sentimenti, quello lo cambierei un po’, sono sempre un po’ troppo entusiasta e, chi lavora con me, è così uguale. Noi siamo persone vere, non ci preoccupiamo di quello che potrebbe essere, ma dovremmo essere più calcolatori”.

Se oggi dovessi tornare a pensare ad una serata o un locale particolare in cui hai suonato, un aneddoto particolare?
“Ho iniziato a fare questo mestiere che ero un ragazzino. Se c’è un’alchimia negativa che si crea, si crea ogni anno il 16 agosto, l’anniversario della morte di Elvis e, se sei un uomo di rock n’ roll, il 16 agosto succede sempre qualcosa che ti fa incazzare”.
Il tuo momento più alto?
“Ogni volta che riesco a fare qualcosa di nuovo, come in questo momento. Nel momento in cui devo preparare qualcosa di nuovo mi esalto, come uno di 7 anni che viene portato per la prima volta al Gran Premio di Formula 1”.
Sanremo, nella gestione di Amadeus, ha fatto allargare il target delle persone che lo seguono grazie alla partecipazione di cantanti in gara e ospiti perfetti. Hai mai pensato di provarci?
“Gli ospiti non sono perfetti perché non ci sono io (ride ndr). Sarebbe stato perfetto se avessero detto “bisogna invitare Alessandro Ristori a dire che il suo volto, le sue movenze e la sua voce stanno comicizzando il nostro paese in giro per il mondo”, questo mi piacerebbe molto. Però sono d’accordo, bravissimo”.
Vuoi provare a partecipare a Sanremo, che tipo di canzone ti piacerebbe portare?
“Eviterei la canzone d’amore, non rispecchia esattamente quello che sono. Porterei o una ballad o un mezzo tempo, non farei la hit dell’estate. Alla fine non ho la faccia da hit dell’estate”.
Ma tu lo segui il Festival?
“Sì, ultimamente di meno perché sono sempre in giro, ma a me il Festival di Sanremo piace. Non perché è un’istituzione o una tradizione, mi piace quell’atmosfera, mi piace vedere che i cantanti girano per la città”.
Se da piccolo lo guardavi, c’è qualche edizione che ricordi in particolare?
“Certo, Cutugno nell’ ’83 con “L’Italiano”, come se fosse ieri sera. Ma anche l’ ’88 con “Perdere l’Amore”, mi ricordo tutto benissimo, anche com’era vestito Ranieri o anche “Non Voglio mica la Luna””.
Degli ultimi anni ti ricordi qualcosa?
“Poco, li ho guardati ma mi ricordo più il contesto televisivo. Ma è anche colpa mia, secondo me il mondo è un po’ fermo, non è colpa dei cantanti o altro. Mi sono un po’ arenato… Un po’ perché non ho tempo, un po’ perché i riferimenti sono quelli e, facendoti un tuo mondo, rimani un po’ isolato”.
Che musica ascolti nel privato?
“Io vengo dal rock n’ roll anni ’50 e continuo ad ascoltarlo praticamente tutti i giorni, poi da quando ho un figlio piccolo, lui è impazzito e quindi siamo due bambini di due anni che quando parte l’intro di Chuck Berry o Rock Around the Clock o Little Richard, la reazione è sempre quella della prima volta”.
E di attuale spulci qualcosa?
“Ascolto al radio, se c’è qualcosa che mi piace… A me piace un casino Miley Cyrus tipo”.
La musica per Alessandro Ristori è divertimento e la vita?
“Anche. La vita deve essere un momento lungo durante la quale trovi la tua tranquillità, la tua felicità. Abbiamo già degli obblighi che ci impone la società, tra cui ascoltare qualcuno sempre sopra di noi, quindi trovare una valvola di sfogo anche per qualche ora al giorno è importante. Quando si diventa un po’ più grandi si capisce che alla fine incazzarsi non ha molto senso”.
Se ti raccontassi in terza persona, dicendo un tuo pregio e un tuo difetto, cosa diresti?
“Il mio pregio è che sono molto simpatico, il mio difetto è che non ho pazienza, devo migliorarmi”.
Cosa ti piacerebbe portasse questo 2023?
“Vorrei che questi progetti segnassero una linea di demarcazione tra quello che è stato solamente un cantante live, per quello che è la conoscenza della gente nei miei confronti, mettere un po’ una lapide. Far capire che esisto discograficamente e a livello di immagine, questi sono ingredienti che completano il mondo Alessandro Ristori che vuole essere un film di questa Italia contenta, fintamente spensierata ma con dei grandi obblighi e una grande voglia di fare. Vorrei far capire che Alessandro Ristori è un sognatore buono ma che dice di impegnarsi perché non è vero che non si può fare più niente come dicono”.
A quando il primo one man show?
“Io sogno due cose: quello che hai detto tu e il cinema. Per altri 5 o 6 anni ci credo ancora”.
Che film ti piacerebbe?
“Mi piacerebbe una commedia all’italiana con una fotografia d’altri tempi, dove ci sia un filtro tra chi guarda e chi recita. Oggi abbiamo un’altissima fedeltà. Quando si vedeva e si sentiva peggio arrivavano emozioni diverse… Quando guardo un Sanremo vecchio si sente e si vede peggio , ma il risultato è migliore perché c’è un distacco totale”.
E televisivamente parlando?
“Mi piacerebbe un varietà, è più difficile portare la gente a guardare un varietà, perché non si ha più voglia, ma Sanremo è un esempio che è varietà alla fine. Se ci sono delle cose belle in televisione la gente le guarda”.
