WadeLeVrai

Intervista a WadeLeVrai: “Willie” è ispirato ad Alan Kurdi

17 Condivisioni
17
0
0

WadeLeVrai, all’anagrafe Wade Pape Matar, è un rapper italo-senegalese classe 2003. Recentemente ha pubblicato il suo nuovo singolo intitolato “Willie” feat EM. Si tratta di un brano che pone l’attenzione su temi come razzismo e immigrazione, tanto delicati quanto assolutamente attuali. Il pezzo si ispira alla vicenda del piccolo Alan Kurdi, il bambino originario della Siria divenuto il simbolo della crisi europea dei migranti.

L’immagine del piccolo Alan disteso sulla riva ha ispirato WadeLeVrai che ha sentito forte la necessità di cantare questa sofferenza. Il brano è accompagnato da un videoclip girato nella provincia di Taranto con l’aiuto di rifugiati realmente ospitati in un centro di accoglienza in Puglia. L’idea del video è di Angelo Calculli e la regia di Riccardo Aloia.                                             

Come ti sei avvicinato alla musica?

Mi sono avvicinato al mondo della musica grazie a delle conoscenze in comune. In pratica il mio attuale produttore, Parker Wave, era amico di un altro mio conoscente e siamo entrati in contatto in questo modo, molto casuale. Non era una cosa ricercata.

Quindi non avevi questo sogno di fare il cantante

Nono, assolutamente. Inizialmente no, facevo sport, calcio.

“Willie” è il tuo nuovo singolo con quale intento comunicativo nasce?

Willieè nato insieme ad EM e l’altro ragazzo con cui ho fatto il featuring. L’obiettivo del pezzo è sensibilizzare il più possibile le persone per quanto riguarda il fenomeno dell’immigrazione. Con questo brano abbiamo cercato di rendere la narrazione cruda ma più vicina possibile alla realtà. In questo modo le persone possono rendersi conto di una situazione che esiste davvero.

WaDeLeVrai
Il singolo si ispira alla storia di Alan Curdi, come hai reagito quando uscì la notizia?

Seguivo le vicende legate all’immigrazione, ma non avevo compreso l’episodio legato ad Alan Kurdi. Con l’età e grazie anche a persone più grandi che me ne hanno parlato e mi hanno spiegato bene la storia, ho deciso di rendere onore a questa vicenda e fare in modo che non venga dimenticato.

Mi racconti qualche dinamica sul set del videoclip, come sono andate le riprese?

Le scene in cui mi son divertito di più sono state quelle con i due bambini, uno era molto bravo e seguiva le indicazioni, l’altro invece ogni due secondi scappava e giocava con la telecamera. Abbiamo girato il video in due giorni, siam partiti da Milano e siamo andati a Taranto e sulle coste. Le persone che sono nel video, le ho conosciute, e mi hanno raccontato che venivano da una Onlus di Taranto ed erano appena sbarcati in Italia.

Ho notato che quando abbiamo fatto le riprese con la barca, il bambino più piccolo, che non ricordava niente del viaggio, era spensierato; invece, l’altra ragazzina ha cambiato espressione facciale, mi ha fatto un certo effetto. Si vedeva che aveva un qualcosa dentro e si ricordava qualcosa, ha avuto un cambiamento incredibile.

Il razzismo è una forma d’odio inspiegabile, come ci si sente a fare i conti con tanta cattiveria gratuita?

Io ho imparato a incassare i colpi e non dimostrarmi debole davanti alle situazioni di razzismo, ma affrontarle. Poi ovvio che non ti fa piacere sentirti dire certe cose, oppure vedere certe cose. Per come l’ho vissuta io, non ci do più tanto penso. Anche perché è appunto una forma d’odio inspiegabile.

Ti è capitato qualche episodio del genere in una situazione lavorativa nel mondo della musica?

Musicale ancora no, per fortuna tutte le persone che ho conosciuto nell’ambito musicale son sempre state molto aperte e non mi hanno mai fatto sentire diverso. Nel mondo musicale quindi no, invece fuori da bambino, a scuola, quando giocavo a calcio, alcune scene e alcuni litigi tra ragazzi ci son state. Però lì comunque alla fine eravamo ragazzini e non eravamo consapevoli di cosa stavamo dicendo ai tempi.

Credi che nel nostro Paese possa esserci in futuro un momento in cui razzismo e immigrazione che oggi sono temi irrisolti e sanguinanti, abbiamo una soluzione?

In futuro sì, però io vedo che stiamo facendo un progresso molto lento per quanto riguarda queste tematiche. Noi ci mettiamo a combattere per questi temi, ma nel mezzo si infilano un botto di scuse e non andiamo mai dritto al punto. E questo mi dispiace, però adesso per come la vedo io in Italia il fenomeno del razzismo è un po’ diminuito. La gente con la globalizzazione e la tecnologia entra più facilmente in contatto con altre culture; quindi, va un po’a perdersi questa cosa. Che poi secondo me quando entri in contatto con una cultura nuova, come persona ci vai solo a guadagnare.

Che ruolo giocano le tue origini nella tua produzione musicale?

Un ruolo fondamentale perché io inizialmente non avevo l’idea dell’afrobeat e le mie origini non mi erano ben chiare. Poi ho capito che se avessi voluto fare musica avrei dovuto prima scavare in me stesso e conoscermi fino in fondo. Abbiamo tutti un qualcosa da raccontare e ho pensato che le mie origini, la mia storia, la mia cultura erano le cose migliori da esporre alle persone.

Progetti musicali futuri?

Stiamo spingendo bene il nuovo singolo, per il resto non voglio rovinarti la sorpresa. Teniamolo segreto!

Visto che siamo nella settimana di Sanremo, ti piacerebbe un giorno portare la tua musica su quel palco?

Assolutamente sì, sarebbe incredibile per me e per la mia storia. Me lo auguro prima o poi.

Ti potrebbe anche piacere